Se a Bologna trovare casa in affitto è diventato un incubo per tutti, tra la scarsa disponibilità di alloggi a causa del boom degli affitti turistici e i prezzi proibitivi per fasce crescenti dalla popolazione, il problema è ancor più grande per le persone migranti che escono dai percorsi di accoglienza.
Sono proprio loro che, dopo essere faticosamente riusciti a superare le frontiere fisiche e politiche poste dall’Europa, anche grazie al Memorandum con la Libia e altri Paesi dove i diritti umani non vengono garantiti, si trovano ad affrontare frontiere culturali, che non risparmiano neanche Bologna.

Le frontiere culturali che subiscono i migranti e il rischio sgombero per Home

È da questo assunto che parte l’appello “Liberiamo Bologna dalle frontiere“, sottoscritto da 12 associazioni bolognesi, in particolare Mediterranea, Piazza grande, Arci, Famiglie accoglienti, Ya Basta, Centro Astalli, Cantieri meticci, Hayat, Comunità cristiana di base, Approdi, Portico della pace e Dialoghi, che evidenzia il problema vissuto sotto le Due Torri e, per questo, chiede di risparmiare dagli sgomberi esperienze come quella di Home, l’occupazione meticcia all’ex caserma Masini.
«Ne scongiuriamo lo sgombero e rivendichiamo la necessità della messa a disposizione di altri spazi abbandonati con la concessione di usi temporanei ai fini dell’enorme, e non più trascurabile nell’oggi, emergenza abitativa metropolitana», si legge nell’appello.

Chi opera nell’accoglienza, come una delle associazioni di Arci, tocca con mano il problema che vivono le persone migranti che escono dai percorsi di accoglienza. «Il tema della casa è assolutamente centrale – sottolinea ai nostri microfoni Rossella Vigneri, presidente di Arci Bologna – ed è un’emergenza che non può essere affrontata solo a livello locale, ma andrebbe affrontata con politiche a livello nazionale, che però in questo momento sono assolutamente assenti».
Vigneri cita il caso di un migrante uscito da una delle strutture di accoglienza e che ha trovato lavoro in uno dei circoli dell’associazione. «È stato il presidente del circolo a dover offrire una garanzia per l’affitto della casa, in modo che la persona potesse viverci con la propria famiglia».

Quanto ad Home, Vigneri spiega che l’occupazione non è tra le pratiche di Arci, ciononostante è un’esperienza che andrebbe valorizzata perché, anche se non risolutiva, interviene sul tema degli usi temporanei di alloggi pubblici dismessi che possono dare una delle risposte possibili all’emergenza abitativa in corso, non solo per le persone migranti.

ASCOLTA L’INTERVISTA A ROSSELLA VIGNERI: