Il Direttore di ERT Claudio Longhi, dà il benvenuto al pubblico del primo spettacolo di stagione sottolineando la volontà di offrire un cartellone aperto alla multiculturalità per consentire agli spettatori di guardarsi attorno, scorgendo, forse, la bellezza della e nella diversità.

Orchestra di Piazza Vittorio: partenza col botto

E’ l’Orchestra multietnica di Piazza Vittorio, nata nel rione Esquilino di Roma per salvare il vecchio cinema Apollo che stava per trasformarsi in sala bingo nel 2002, ad avviare la stagione 2018/2019 dell’Arena portando finalmente a Bologna uno spettacolo che ha mietuto successi, nella passata stagione, sia nella tournée italiana che al Festival di Lione.

I musicisti e i cantanti dell’Orchesta, provenienti da tante parti diverse del mondo, in ogni spettacolo riescono a trasformare la partitura muicale di partenza, in questo caso ll Don Giovanni di Mozart, in altro, portadovi le proprie culture, i propri sounds, insieme ai propri personali stili strumentali o vocali.

Il gioco che l’Orchestra propone poggia chiaramente su una volontà di mescolare le tradizioni musicali in modo divertito e ironico, anche auto ironico, perchè ogni interprete talora arriva a presentare quasi una caricatura del proprio “mondo sonoro” di provenienza o del proprio stile musicale d’elezione, quasi a voler affermare coraggiosamente le proprie radici, per porre al contempo l’accento sul valore dell’interscambio culturale e musicale, da cui nasce la vera ricchezza del contemporaneo universo globale.

In questo Don Giovanni, Leporello (Omar Lopez Valle) è un grosso signore di colore sulla sessantina cantate e trombettista, alla Armstrong, simpatico e bonaccione, con una strana pronuncia dei versi di Lorenzo Da Ponte, che accentuano il carattere buffo del personaggio.

Donna Anna è interpretata dalla vocalist Simona Boo, già vocalist dei 99 Posse, che porta nel personaggio l’energia di una donna contemporanea capace di smettere presto i panni del recente lutto per ributtarsi nel lavoro musicale al Music Club in cui è ambientata questa rivisitazione mozartiana.

Donna Elvira, è la soprano di origine albanese Hersi Matmuja dalla voce lirica straordinaria, capace di una piccata e graffiante interpretazione dell’aria “Quel barbaro dov’è” resa ancor più divertente dall’esibizione dell’enorme pancione frutto evidente della seduzione di Don Giovanni.

La cantante reggae Mama Marjas, interpreta Zerlina facendola assomigliare a una delle irruente portoricane di West Side Story con tanto di ampio scialle in stile etnico per renderla sanguigna e volubile, innamorata di Masetto, ma altrettanto pronta al tradimento.

Masetto è il tunisino Houcine Ataa capace di trasformare in canto arabo le melodie mozartiane aggiungendo sapori al melange di stili musicali dell’orchestrazione.

Don Ottavio, interpretato da Evandro Dos Reis porta il sound brasiliano nell’ensemble con accenti delicati e dolci, decisamente contrastanti con l’irruenza e la violenza degli atteggiamenti di Don Giovanni, qui Petra Magoni, proprietario/a del music club dell’ambientazione che si diverte a far capitolare donne ai suoi piedi ingannandole e poi abbandonandole.

Petra, seguendo la visione registica di Mario Tronco, è un Don Giovanni androgino che rappresenta l’idea della mescolanza culturale e sessuale, raccontando la possibilità di superare i generi musicali come le identità sessuali. Quando Leporello illustra il catalogo all’attonita Donna Elvira, su uno schermo appaiono foto di donne di ogni età, colore di capelli e provenienze e fanno capolino anche degli uomini parimenti offesi, delusi, disperati dall’abbandono.

Il gioco della confusione delle identità sessuali consente anche interessanti giochi timbrici come nel duetto  “là ci darem la mano” con Zerlina in cui la voce di soprano è quella di Don Giovanni mentre Zerlina usa una vellutata voce di petto dai timbri scuri.

Gli elementi di piacevolezza dello spettacolo sono le trasformazioni delle melodie mozartiane con ritmi che passano dal ragtime, al jazz, alla bossa nova, al pop, passando attraverso uno stile popolaresco napoletano che diventa anche arabo- andaluso, per trasformarsi in ballade da musical e sfociando in ragamuffin. Attraverso ogni trasformazione stilistica e linguistica (ci sono pezzi tradotti in portoghese, francese, arabo), le melodie resistono in tutta la loro immortale bellezza e coinvolgono l’uditorio che le conosce a memoria.

Elegante è talora il comparire sul finale di un ritmo scatenato, la tastiera in modalità clavicembalo, a concludere i versi di un recitativo, come fosse la versione operistica.

L’unica scivolata davvero poco elegante è il finale incongruo con la disco di Donna Summer di “I feel love” che nulla ha a che fare con Mozart. Più raffinato sarebbe stato chiudere con il solo secondo finale scelto, la ripresa corale del “tutto già si sa” in cui le voci sono delicatamente e sommessamente accompagnate dal solo pianoforte del bravo Leandro Piccioni.

Complessivamente uno spettacolo che non delude le aspettative, gioca sull’improvvisazione d’ispirazione jazzistica su una melodia nota, per trasformarla e renderla da consueta a nuova, inedita, utilizzando delle bellissime voci, in particolare femminili, e dei valenti musicisti. Le diverse provenienze geografiche e le competenze musicali acquisite da ciascun componente dell’ensamble, apportano poi al melange un sapore in più, un gusto ora più piccante, ora più delicato per 80 minuti di divertimento intelligente.

Lo spettacolo resta all’Arena del Sole fino a domenica 14. Affrettarsi in biglietteria.