Il poker è una delle discipline più conosciute e apprezzate a livello globale e moltissimi lo considerano non soltanto un semplice gioco ma un vero e proprio sport della mente, al pari di dama, scacchi e backgammon. A differenza di questi sport, però, il poker si è profondamente evoluto nel corso degli anni, dando vita ad alcune varianti derivate dal tradizionale Texas Hold’em. Una delle più amate è sicuramente l’Omaha e oggi capiremo perché sta riscuotendo un grandissimo successo e perché viene considerato la variante più complessa in assoluto.

In rete è possibile trovare molti portali che dedicano pagine esplicative sulle regole dell’Omaha, sui suoi punteggi e sulle strategie per ottenere la miglior combinazione possibile. Ma andiamo per gradi e proviamo in primis a capire cos’è l’Omaha.

Considerato come uno dei “figli” del Texas Hold’em, l’Omaha nasce intorno agli anni ‘60 dello scorso secolo nella città di Detroit e inizialmente viene nominato “two by three” dal momento che a ogni giocatore venivano assegnate cinque carte personali. Solo in un momento successivo il numero di carte passò a quattro per evitare la limitazione di avere un massimo di 8 giocatori per ogni sessione di gioco.

L’Omaha deriva quindi direttamente dal Texas Hold’em ma, come abbiamo appena capito, si distingue da esso per un aspetto fondamentale: al giocatore vengono date quattro carte coperte e non due. Carte coperte che andranno utilizzate in combinazione alle 5 carte comuni che vengono posizionate sul tavolo nelle tre fasi della partita, ovvero flop, turn e river. Vince chi ottiene il punteggio migliore mettendo insieme tre carte comuni e due di quelle personali.

E qui c’è la prima differenza con l’Hold’em: in quest’ultimo il giocatore può scegliere di usare una hold card, due hold card o nessuna di esse. Nell’Omaha è sempre obbligato a usarne due tra le quattro che ha a disposizione. Il valore delle mani è invece lo stesso, con la Scala Reale come punteggio massimo raggiungibile in una partita.

Due le varianti principali dell’Omaha: il Pot Limit Omaha e il No Limit Omaha. Nel Pot Limit la puntata minima ha la stessa entità del big blind e i partecipanti possono rilanciare fino a un massimo nel piatto, determinato dal totale delle chip presenti più l’importo del rilancio. Nel No limit la puntata minima è pari al grande buio mentre quella massima non ha nessun tipo di restrizioni.

Tornando alle differenze tra Hold’em e Omaha va sottolineato un altro fattore: nell’Omaha è teoricamente più semplice ottenere una combinazione di carte vincente. Questo, però, non rende il gioco più semplice. Tutt’altro. L’Omaha è decisamente più intricato e complesso, soprattutto per chi è agli inizi, dal momento che dover “gestire” quattro carte è più complicato che gestirne soltanto due. E se aggiungiamo il fatto che la semplicità di ottenere una buona mano è valida per tutti i partecipanti, si intuisce che l’elaborazione di una strategia vincente deve comprendere una vastissima gamma di valutazioni.

Proprio la strategia è ciò che rende l’Omaha estremamente complesso e che lo ha reso la seconda variante più giocata al mondo sia nei club che online. Valutare il ventaglio di opzioni a disposizione mettendo insieme complessivamente 9 carte può sembrare avvincente e appagante ma la stessa possibilità ce l’hanno gli altri. Un aspetto che molti sottovalutano e che rende ancora più importante capire i tell e il linguaggio del corpo degli avversari, per chi gioca dal vivo, o ogni singola mossa dei partecipanti dei tavoli online.

Non per niente questa disciplina è sempre più apprezzata anche tra i giocatori che hanno scritto la storia del poker. Ne citiamo solo alcuni per ragioni di spazio. Uno dei primi a distinguersi nell’Omaha è stato Sam Farha, capace di vincere un braccialetto alle WSOP nel 2010. Nel 2014, fu la volta di Ben Tollerance passare agli onori delle cronache pokeristiche prendendosi la bellezza di un primo premio da mezzo milione di dollari in un torneo di Pot Limit Omaha. In tempi più recenti (2023) la palma di miglior giocatore della disciplina è andata a Lautaro Guerra Cabrerizo, capace di conquistare ben 4 vittorie in uno dei tornei più importanti di Las Vegas.