Carlo Flamigni, membro del Comitato Nazionale di Bioetica, questo pomeriggio parteciperà ad un incontro a Labàs contro l’obiezione di coscienza. E dai nostri microfoni mette in guardia: “Percentuali troppo alte di obiezione, si è già tornati all’aborto clandestino, molto pericoloso”. La proposta: “Trasferire i medici obiettori in altri ospedali se non è garantito il servizio”.

Questo pomeriggio alle 18, negli spazi di Labàs, in via Orfeo 46, si terrà un incontro promosso dal Collettivo XXX e intitolato “Obiezione di coscienza? La nostra salute sta meglio senza“.
Ad intervenire sul tema della legge 194 e sull’altissima percentuale di obiezione di coscienza che si registra ultimamente per quanto riguarda l’interruzione di gravidanza, saranno l’avvocata Milly Virgilio e Carlo Flamigni, luminare di ginecologia e membro del Comitato Nazionale di Bioetica.

Dai nostri microfoni Flamigni racconta che l’obiezione di coscienza in Italia ha raggiunto una media del 70%, con picchi del 90% in alcuni territori. Un dato che, secondo il luminare, è calcolato per difetto, dal momento che non si considera che in alcune strutture non è prevista l’interruzione volontaria di gravidanza. Il fenomeno riguarda soprattutto i ginecologi, dal momento che tra tutti gli altri specialisti – che siano cardiologi, pediatri o altri ancora – l’obiezione non supera mai il 50%.
Spesso, dietro all’obiezione di coscienza, ci stanno motivazioni che hanno ben poco di etico o religioso: molti ginecologi, dichiarandosi obiettori, si risparmiano ingenti carichi di lavoro e altre volte, come spiega Flamigni, si tratta di opportunismo: “Si considera che se non si fa una scelta eticamente rischiosa si possa fare carriera, dal momento che gli ospedali sono diretti da persone scelte politicamente e spesso religiose”.

Flamigni reputa il fenomeno dell’obiezione di coscienza un problema e critica anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “In aula il ministro ha detto che percentuali così alte di obiezione non sono un problema, perché è calato il numero degli aborti. È un ragionamento che un ministro non si dovrebbe permettere di fare”.
Il rischio concreto, secondo il ginecologo, è il ritorno dell’aborto clandestino, che già sta tornando a diffondersi. “Ci sono donne, spaventate dal ritardo nell’accettare la richiesta, che fanno ricorso a metodi alternativi, come andare all’estero, rivolgersi ad abortisti clandestini o anche assumere farmaci molto pericolosi in autonomia”. Il problema più grande sono le conseguenze che questi metodi non sicuri hanno sulla salute della donna, a causa degli effetti collaterali o dei decorsi post-operatori.

Flamigni è anche promotore della campagna “Il buon medico non obietta“, che punta a dare sostegno ai medici non obiettori, che recentemente si sono anche riuniti in associazione.
Secondo il professore, però, occorre intervenire anche sulla gestione degli ospedali, perché ciò che potrebbe verificarsi è che l’obiezione non sia più una scelta personale, ma diventi “di struttura”, con interi centri medici che non praticano l’aborto, che sono costretti a chiudere o a ricorrere a vecchi ginecologi in pensione, pagati a gettore.
Per scongiurare questo pericolo, Flamigni avanza due proposte: assumere ginecologi che si dichiarino non obiettori e introdurre più mobilità. “Se una struttura, a causa dell’obiezione di un medico, non è più in grado di garantire il servizio, quel medico deve sapere che può essere trasferito altrove”.

Quanto alla legge 194, gli attacchi legislativi sembrano essersi fermati. “La legge 194 è una legge solida, fatta per durare. Servirebbero alcune modifiche, ma nessuno se la sente di portarla in Parlamento, con questi politici poco affidabili”.
I risultati della legge, però, si sono fatti sentire: dal 1983 ai giorni nostri gli aborti sono calati del 53%.