Ieri pomeriggio, in piazza San Francesco, Non Una di Meno Bologna ha dato vita ad un’azione comunicativa per accendere i riflettori su quanto sta accadendo in Turchia e in Polonia. Nei due Paesi, infatti, si sta registrando una sorta di boicottaggio contro la Convenzione di Istanbul, siglata nel 2011, che rappresenta un risultato storico per la prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica. Con striscioni, scritte e gessetti, il movimento femminista ha quindi preso parola.

Convenzione di Istanbul, il boicottaggio di Turchia e Polonia

Nonostante sia stata siglata sul suo territorio, la Turchia, con un decreto presidenziale dello scorso 20 marzo, è uscita dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica. Erdoğan ha dichiarato che l’uscita dalla Convenzione è un atto dovuto alla salvaguardia dei valori della famiglia tradizionale e che i diritti delle donne saranno comunque protetti dalla legislazione nazionale.
Una dichiarazione che stona con la realtà, come sottolinea ai nostri microfoni Laura di Non Una di Meno Bologna: «Durante le manifestazioni per lo sciopero dell’8 marzo in Tuchia alcune donne sono state arrestate».

Allo stesso modo, nell’Est Europa si lavora allo smantellamento della Convenzione. Proprio ieri, in Polonia, si è votato per affidare a una commissione la scrittura di una nuova carta alternativa alla Convenzione di Istanbul in difesa della famiglia tradizionale. Accanto a ciò c’è un altro dato: Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia non hanno mai ratificato la Convenzione.
Una possibile lettura di quanto sta avvenendo riguarda il protagonismo e le mobilitazioni delle donne che, ad esempio proprio in Polonia, sono scese nelle strade durante la pandemia per bloccare l’ennesima legge contro l’aborto.

Non Una Di Meno
L’azione di Non Una Di Meno Bologna

«L’uscita dalla Convenzione di Istanbul è un messaggio chiaro alle donne e alle soggettività LGBT*QIAP+ che vivono in Turchia, ma anche a tutte quelle che vivono o attraversano gli stati di confine dell’Europa», sintetizza Non Una di Meno Bologna, che chiama in causa anche l’Unione europea, che finanzia «un gendarme autoritario dei confini e bloccare i movimenti delle e dei migranti».
Di qui, dunque, il senso dell’azione di ieri, che ha lo scopo di rendere « visibile la nostra presenza al loro fianco, lasciando il segno della lotta femminista e transfemminista che come un fulmine taglia in due la società che ci opprime!».

ASCOLTA L’INTERVISTA A LAURA: