È l’ultimo giorno di trattativa dei negoziati sul programma nucleare iraniano. A poche ore dal penultimo termine prima dell’ultima data di giugno, le possibilità di uno storico accordo sono elevate. Sul tavolo le questioni aperte su sanzioni, centrifughe, e durata dell’intesa. Per Giuseppe Acconcia (il Manifesto) “manca la volontà politica di porre fine all’isolamento forzato dell’Iran”.
Manca pochissimo alla chiusura delle trattative sul programma nucleare iraniano. Scade oggi il termine di questo round di negoziati tra i paesi del 5+1 (i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia più la Germania) e l’Iran. Se nelle ultime ore si sono rincorse voci di segno opposto, le due parti sembrano vicine a un accordo. Secondo quanto riportato da fonti ufficiali all’Associated Press i negoziatori sono pronti a firmare entro mezzanotte una bozza di accordo preliminare all’intesa definitiva di giugno. Una fase decisiva ed estremamente delicata, che potrebbe mettere fine alle sanzioni internazionali e all’isolamento politico cui è sottoposta la repubblica islamica.
“Un accordo metterebbe fine a dieci anni di embargo a cui è sottoposto il paese e che sta colpendo in primo luogo la popolazione”, spiega Giuseppe Acconcia, giornalista del Manifesto. Sul tavolo rimangono le questioni aperte rispetto alle quali i colloqui si sono fino ad oggi impantanati. In primo luogo le sanzioni internazionali, che l’Iran vorrebbe vedere rimosse immediatamente, mentre dall’altra parte – Francia e Stati Uniti in testa – si spinge per una estinzione graduale. “Il paese che sta più frenando per il raggiungimento di un’intesa è la Francia – rivela Acconcia – con il ministro Laurent Fabius che già nei mesi scorsi si era opposto facendo eco alle posizioni oltranziste del premer israeliano Benjamin Netanyahu”. Riguardo le sanzioni, la loro rimozione può rappresentare una questione problematica per la Casa Bianca, dovendo passare dal voto del Congresso reso complicato dalla contrarietà della maggioranza repubblicana.
C’è poi il tema dell’arricchimento dell’uranio. La bozza di accordo dovrebbe portare a un limite massimo di 6mila centrifughe di cui l’Iran potrà usufruire per il suo programma nucleare civile. Tehran ha manifestato la sua opposizione al trasferimento di uranio arricchito in Russia, dove sarebbe convertito in barre di combustibile nucleare e non essere così utilizzabile per fabbricare armi. È questo un nodo cruciale della trattativa: il mantenimento delle riserve di uranio arricchito in Iran potrebbe accrescere la contrarietà di chi si oppone all’accordo, Israele, il Congresso Usa, e Arabia Saudita.
“Evidentemente tutti questi punti sono particolari tecnici – afferma Acconcia – ma quello che è mancato fin qui è la volontà politica di mettere fine a questa condizione di isolamento forzato dell’Iran, messa in discussione da Israele, Repubblicani negli Usa, ma anche dall’Arabia Saudita”. Infatti, “fin dalla guerra in Iraq nel 2003 – continua il giornalista – è stato innescato questo settarismo tra sunniti e sciiti, tra Arabia Saudita e Iran, che con un accordo sul nucleare verrebbe stemperato. E questo determinerebbe un miglioramento nella gestione dei conflitti in Medioriente dove l’Iran gioca un ruolo di primo piano, come in Afghanistan, Siria, Iraq, ma anche Yemen, come abbiamo visto”, conclude Acconcia.