Per la nota a pie’ pagina di oggi facciamo una incursione in questo aprile, mese partigiano, e vi andiamo a raccontare la storia, tra leggenda e realtà, di una delle canzoni più famose del mondo, cantata, da popoli di ogni latitudine, in ogni versione possibile. Un concentrato di temi, lingue, idiomi e culture che travalicano i confini.
Oggi vi parliamo di “Bella ciao”, prendendo spunto dal libro di Carlo Pestelli, “Bella ciao. La canzone della libertà”, edito da Add. editore nel 2016.

Bella ciao, la canzone di tutti i popoli

Come per moltissime canzoni popolari, anche “Bella ciao” rappresenta un’incognita sia musicale che compositiva: la “Bella ciao” che conosciamo noi è il punto d’arrivo, e il più famoso, di contaminazioni tra le più disparate, sicuramente è una canzone nata dal basso e questo per il valore che le attribuiamo oggi, è davvero significativo.
Chiariamo subito una cosa, “Bella ciao” era cantata dai partigiani: testimoni, ovvero gli stessi partigiani, affermano che fosse canticchiata nella zona di Reggio Emilia, nel modenese e nella repubblica di Montefiorino.

Sono i partigiani della brigata Majella che fanno della canzone il loro inno ed era loro convinzione che quell’inno fosse un rifacimento di una vecchia canzone del nord, nord nel quale andavano le mondine abruzzesi che di ritorno nella terra d’origine cantavano un motivetto sull’aria di “Bella ciao”.
Secondo Giovanna Daffini, mondina della provincia reggiana e cantora, questo è un canto di lavoro mondino, diffuso, cantato, censurato durante il fascismo. Ma mentre Daffini, negli anni Sessanta è giro per l’Italia con lo spettacolo bella ciao, un certo Vasco Scansani con una lettera all’Unità rivendica la paternità della canzone e quindi il diritto d’autore.

ASCOLTA BELLA CIAO DELLE MONDINE:

A chi credere? Dove è il bandolo della matassa? Ma soprattutto ha senso cercarlo?
Se pensiamo a “Bella ciao” oggi ci viene in mente una canzone archetipica che parla di amore, di libertà perduta e di memoria che travalica anche la morte. Siamo davanti ad una invenzione della tradizione, per dirla come Eric Hobsbawn. A tutti sta a cuore la libertà, tutti vogliono l’amore ed essere ricordati dopo la morte, per questo tutti e nessuno hanno scritto “Bella ciao”.
Per questo è la canzone dei popoli oppressi, tradotta in più di quaranta lingue e sempre con lo stesso significato.
E a noi, tutto sommato, va bene così.

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