La discussione politica intorno alle sorti dell’Appennino emiliano, nelle ultime settimane, è stata calda almeno quanto le temperature meteorologiche. Da un lato c’è il sindaco di Lizzano in Belvedere, Sergio Polmonari, che nega l’evidenza e parla di una fantomatica «propaganda per spopolarci», dall’altro il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, propone soluzioni tecnologiche, come i cannoni sparaneve hi-tech, che assomigliano al tentativo di svuotare il mare con un cucchiaino.
Al centro della questione l’assenza di neve a causa di temperature anomale che durano da oltre un mese e che fanno dire al meteorologo Federico Grazzini, che del tema si è occupato in un articolo sull’Essenziale, che è in corso un’accelerazione del cambiamento climatico.

Il cambiamento climatico in Appennino: temperature record e assenza di neve

La foto in copertina ritrae la situazione di questa mattina al Lago della Ninfa, nel comprensorio sciistico del Monte Cimone. Il Lago della Ninfa si trova ad un’altitudine di 1500 metri e le uniche macchie bianche che vediamo sono in minuscole zone d’ombra.
Da metà dicembre, quindi da oltre un mese, tutto l’Appennino emiliano registra temperature anomale sopra lo zero e purtroppo non si tratta di un’eccezione. «A Capodanno 2022 il Monte Cimone registrava la temperatura record di 14 gradi», ricostruisce Grazzini ai nostri microfoni, ricordando quanto accadeva solo un anno fa. E il trend degli ultimi anni purtroppo non lascia speranze: il clima si è surriscaldato, probabilmente più in fretta di quanto ci si potesse immaginare.

«Non c’è neve perché ci sono state poche perturbazioni a causa della persistenza dell’alta pressione – spiega il meteorologo – ma anche perché la temperatura sta aumentando sempre di più e quindi si stanno verificando quelle condizioni che forse noi ci attendavamo nel futuro. Invece siamo già arrivati al punto nel quale i nostri inverni si sono completamente trasformati».
Ulteriori prove che non si tratta di un’anomalia episodica, ma di una tendenza conclamata, sono, da un lato, il fatto che il 2022 ha registrato ben cinque diversi periodi con temperature sopra la media stagionale e, dall’altro, il fatto che le previsioni per la prossima primavera, al momento, confermano le temperature in rialzo.

Un primo effetto concreto potrebbe riguardare l’approvvigionamento idrico. L’assenza di neve rappresenta un problema, specie dopo un anno siccitoso come quello che ci siamo lasciati alle spalle, perché la neve rifornisce in modo graduale e costante i bacini e le sorgenti idriche. Se piove invece di nevicare, specie con fenomeni estremi come i rovesci, l’acqua finisce molto più velocemente in mare e per la pianura, in particolare la sua agricoltura, ciò rappresenta un problema non da poco.

Senza neve occorre riconvertire economia e turismo dell’Appennino

Ciò che fa discutere in questi giorni è la possibilità di salvare l’economia dell’Appennino, in particolare quella fetta consistente impostata sugli impianti di risalita e sullo sci. È a questo proposito che Bonaccini ha evocato i cannoni hi-tech, capaci di sparare neve anche con temperature sopra lo zero. Una tecnologia, però, che si presenta come energivora e idrovora, ma soprattutto che potrebbe non risolvere il problema.
«Se uno ha ben presente qual è la situazione in atto e quali sono le sue prospettive future, sia nel breve termine sia nei prossimi dieci o venti anni – osserva Grazzini – sarà molto difficile mantenere in piedi un’economia basata sullo sci da discesa. Magari si potrà fare per un paio di mesi all’anno, ma non so quanto possa convenire investire su impianti utilizzati per così poco tempo».

Per il meteorologo, dunque, sarebbe necessario cominciare a immaginare un’altra economia e un altro turismo per l’Appennino. «All’Epifania sono andato al Corno alle Scale ed era pieno di escursionisti a piedi – riporta – Le persone vanno comunque in montagna. Il problema è capire come gestire questo clima, perché una delle caratteristiche del cambiamento climatico è l’estrema variabilità e l’aumento degli eventi estremi, estremi caldi, estreme precipitazioni, anche estremi freddi talvolta, però questa variabilità è difficile da gestire anche dal punto di vista dell’attività turistica».

ASCOLTA L’INTERVISTA A FEDERICO GRAZZINI: