Quello messicano rappresenta un caso esemplificativo dell’emergenza femminicidi nel mondo. Su tutto il territorio nazionale sono diffuse associazioni e movimenti impegnati contro la violenza di genere, che daranno vita a una serie di manifestazioni venerdì 25 novembre in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Ne parliamo con la dottoranda Roberta Granelli.
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, eventi e manifestazioni andranno in scena in tutte le principali città della Repubblica messicana, un paese che vive una drammatica emergenza femminicidi.
Nella sola Città del Messico le manifestazioni saranno tre. Una di queste, nel primo pomeriggio, partirà dalla stazione metro Panteones (delegazione Miguel Hidalgo) e giungerà, simbolicamente, a Naucalpan de Juárez, in quello Estado de México in cui i casi di femminicidio sono in costante crescita negli ultimi anni.
Le manifestazioni in Messico contro la violenza di genere
La serie di cortei del Distretto Federale si pone in linea di diretta continuità con le manifestazioni analoghe del 19 ottobre (anche in Argentina e in altri paesi latinoamericani), ma soprattutto con l’iniziativa dello scorso aprile realizzata dal collettivo femminista Marea Violeta, che fu la più grande manifestazione contro la violenza di genere mai realizzata da realtà non istituzionali in Messico.
Le manifestazioni organizzate negli ultimi mesi cercano di far fronte a quella che è diventata una vera e propria emergenza umanitaria. Dall’inizio dell’anno corrente, 162 donne sono state assassinate nello stato di Veracruz, 76 nello stato di Puebla e 36 a Città del Messico da gennaio a giugno. Nella capitale messicana solo 24 casi su 36 sono stati investigati in quanto femminicidi.
“È difficile che le istituzioni prendano in considerazione la questione femminicidi, e che si sollevi, dunque, l’alerta de genero, che pure è prevista dalla legge – spiega ai nostri microfoni Roberta Granelli, dottoranda in affettività dissidenti presso l’Universidad Autónoma Metropolitana di Città del Messico – È difficile provare la base di disuguaglianza di potere e violenza strutturale verso le donne perché chi esercita il potere è esso stesso legato a questi meccanismi di disugliaglinza. La mancanza di riconoscimento viene da un machismo che permuta tutti i livelli della società civile”.
Le cifre messicane rappresentano un drammatico unicum nella regione. Un recente documento della CEPAL (Comisión Económica para América Latina y el Caribe) parla di 20289 casi nel solo 2014, dai quali viene tratta la media di 6.3 donne uccise al giorno; media incomparabile a quelle degli altri paesi latinoamericani.
Il Messico è un paese che da oltre 15 anni vive la recrudescenza estrema dei fenomeni di violenza legati al narcotraffico. Le donne sono solo una delle tante categorie marginalizzate – migranti, campesinos, indios, studenti – che vivono queste brutalità in prima persona. Secondo Roberta Granelli “il fenomeno si trova all’interno della generale questione di ciò che Sayak Valencia Triana definisce capitalismo gore, in cui si intersecano la violenza neocoloniale e quella imperialista, che fungono da arma della globalizzazione”.
Il genere è, dunque, uno dei canali attraverso cui la violenza si perpetua; una violenza strutturale che si abbatte sui soggetti vittimizzati e percepiti come più deboli.
Questo stesso asse di genere è altrettanto presente all’interno di un altro, relativamente recente, fenomeno, quello dei transfemminicidi.
In Chiapas, all’inizio di ottobre, si è verificato il secondo omicidio di una transessuale in 7 mesi, dopo un primo avvenuto in marzo. Sempre in ottobre, l’attivista per i diritti transgender Alessa Flores è stata uccisa a Città del Messico.
Roberta Granelli racconta di un altro caso avvenuto a Città del Messico, quello di una sex worker di nome Paula: “Il caso di Paula è emblematico perché rappresentativo della legittimità di questa violenza da parte dello stato. Un uomo, con il quale stava avendo un rapporto sessuale in auto, l’ha uccisa sotto gli occhi di due sue colleghe, che erano a pochi metri dall’auto e che hanno, poi, ricevuto minacce da parte dell’assassino. Dopo che le testimoni hanno chiamato una pattuglia, l’uomo è stato arrestato, ma rilasciato dopo 48 ore”.
L’omicidio è avvenuto presso la trafficatissima Avenida de los Insurgentes, che coi suoi 28.8 km è considerata l’arteria stradale cittadina più lunga al mondo. Si è trattato di un transfemminicidio con testimoni, ma l’assassino è stato messo in libertà per insufficienza di prove.
“In questi casi – spiega Roberta – le autorità non ritengono necessario investigare perché significherebbe legittimare delle identità che non sono legittimabili, e che sovvertono l’ordine precostituito”.
Cristiano Capuano