Sul piano sociale, mediatico e politico l’avanzata del neofascismo sembra inesorabile. L’estrema destra ha imparato alcune strategie, retoriche e concrete, per ottenere consenso, ma la politica sembra sottovalutare il suo potere di persuasione.
Estrema Destra sempre più presente in politica: siamo all’ascesa del neofascismo?
In epoca di crisi e di forte spinta dei flussi migratori, i movimenti neofascisti riescono a ritagliarsi uno spazio sempre più consistente nella politica e nella società italiana. Seguendo numerose direttrici, dalla comunicazione al sociale, passando per il finanziario e l’immancabile violenza, l’ascesa dell’estrema destra sembra avere la strada spianata, senza che il problema venga percepito seriamente da parte delle istituzioni, che spesso sottovalutano o, peggio, assecondano gli argomenti e le pulsioni neofasciste, e senza che nel Paese esista un’opposizione sociale degna di questo nome alla deriva in atto.
L’aggressione di Roberto Spada a Daniele Piervincenzi, giornalista di Nemo – Nessuno escluso di Rai2, ha acceso prepotentemente i riflettori su quanto accade a Ostia, dove nemmeno una settimana fa i neofascisti di Casapound hanno registrato un exploit alle elezioni per il X Municipio di Roma.
Poco prima del voto, alcune testate avevano dato l’allarme sulla connessione tra la famiglia Spada, il cui rampollo Carmine Spada è stato condannato per mafia, e l’organizzazione di estrema destra.
I rapporti, ancora da chiarire, tra Casapound e il clan mafioso non sono le uniche connessioni tra estrema destra e malaffare emerse negli ultimi tempi. E la questione non è circoscritta al Municipio romano di cui fa parte Ostia, ma è indice di qualcosa di più grosso e preoccupante.
Nel rapporto dei Ros su Forza Nuova di qualche giorno fa, ad esempio, viene descritta anche un’operazione, poi saltata, nel traffico di opere d’arte, con cui Roberto Fiore e i suoi adepti hanno tentato di piazzare una tela di Gauguin.
DENARI E SOCIETÀ DELL’ESTREMA DESTRA
I gruppi neofascisti, in Italia e in Europa, possono contare su fondi che provengono dalle attività più disparate.
Un’inchiesta de L’Espresso, firmata dal giornalista antimafia Giovanni Tizian, insieme ad Andrea Palladino e Stefano Vergine, fotografa la fitta linea di finanziamenti, che provengono da società e privati in Italia e all’estero, esercizi commerciali e misteriosi trust. Dai compro oro alle cooperative, a società con prestanome, l’estrema destra sta facendo il pieno di denari e ciò non è una bella notizia.
Del resto, la disponibilità economica di cui godono formazioni di estrema destra si è palesata anche qualche mese fa, quando la rete transnazionale Generazione Identitaria lanciò la campagna “Defend Europe” per la missione navale della “nave nera” C-Star, allo scopo di disturbare le attività di salvataggio nelle ong nel Mediterraneo.
Una raccolta fondi che ha fruttato ben 70mila euro e che ha permesso alla nave di salpare, anche se poi non ha avuto molta fortuna in acqua.
IL “METODO ALBA DORATA”
Quelle economiche, però, non sono le uniche “risorse” raccimolate dall’estrema destra. Ancora più preoccupante è il consenso che organizzazioni come Casapound e Forza Nuova raccolgono attraverso un lavoro sociale sui vari territori, dove si stanno sostituendo ai tradizionali corpi intermedi e dove stanno preoccupantemente traducendo il disagio sociale in voti alle elezioni.
I neofascisti italiani stanno applicando nel nostro Paese quello che potremmo definire il “Metodo Alba Dorata”. Il partito neonazista greco, qualche anno fa, registrò un boom elettorale preparato sul campo attraverso iniziative sociali come la distribuzione di medicine e generi alimentari a cittadini indigenti e strozzati dalle politiche di austerity volute dalla Troika.
In Italia Alba Dorata ha fatto scuola. Appena quattro giorni fa spiegavamo le ragioni dell’exploit elettorale di Casapound a Ostia, dove l’organizzazione di estrema destra si è fatta interprete di bisogni primari della popolazione – dalla casa alla spesa passando per il tema del degrado e dell’abusivismo commerciale – ma in chiave suprematista e anti-immigrati. I “fascisti del Terzo Millennio” hanno coperto uno spazio sociale rimasto vuoto (e, va detto, lasciato libero dalle organizzazioni di sinistra) accrescendo la propria popolarità.
Nei territori dove questo tipo di lavoro sociale non è possibile alla luce del sole, l’estrema destra utilizza una ricca varietà di sigle e nomi che, agli occhi del cittadino qualunque e poco informato, non suonano come chiaramente neofascisti.
Dunque, la diffidenza nei confronti di questi gruppi è minore ed ecco che, con strumenti subdoli, si comincia il radicamento sul territorio.
È il caso del Comune di Budrio, una delle tante ex roccaforti della sinistra caduta negli ultimi anni, dove l’Associazione Evita Peron, costola femminile di Forza Nuova, e la lista civica Aurora Italiana, hanno utilizzato il paravento di un’iniziativa di beneficienza in favore di bambini malati per esplorare un territorio nuovo.
La nebulosa anti-ideologica degli ultimi anni rappresenta un terreno fertile per l’estrema destra. Chi punta il dito contro le iniziative dei neofascisti, infatti, viene accusato di dispotismo, viene tacciato di essere un censore o un cinico insensibile alle cause benefiche per gli italiani. Una retorica costruita sapientemente, soprattutto attorno al tema dell’immigrazione dove il “noi poveri e abbandonati” e il “loro stranieri serviti e riveriti” è riuscita a fare prepotentemente breccia.
Smontare questa retorica diventa difficile in un clima dove “destra e sinistra”, “fascisti e comunisti” vengono ritenuti termini superati e vengono sostanzialmente equiparati.
In realtà, grattando sotto la superficie del linguaggio utilizzato dall’estrema destra, le operazioni portate avanti da Casapound, Forza Nuova e gruppi simili sono perfettamente funzionali e organiche al capitalismo e a coloro che realmente opprimono i cittadini.
La rabbia sociale di chi sta pagando il prezzo della crisi, infatti, non viene quasi mai indirizzata verso chi ha applicato misure di austerity, chi ha tagliato la scuola, la sanità, il welfare, ma viene indirizzata nei confronti di chi, in realtà, si trova un gradino sotto gli stessi cittadini italiani. I temi del dumping salariale, della sostituzione etnica e altre farneticazioni neofasciste vengono agitati per scatenare l’odio razziale.
LA LEGITTIMAZIONE MEDIATICA
Tra le organizzazioni di estrema destra, Casapound è sicuramente quella che si muove meglio sul versante comunicativo. Nonostante numerose aggressioni imputabili a suoi esponenti, l’immagine che il movimento ha voluto dare di sé è quello di “fascisti in doppiopetto”, ma al tempo stesso viene mantenuta una dimensione più “casual”, che non faccia percepire il movimento come troppo distante dalla cittadinanza.
Sul versante sociale, come abbiamo spiegato poco fa, Casapound ha mutuato pratiche dell’estrema sinistra, come occupazioni abitative, collette e attività benefiche, che hanno avuto un impatto anche mediatico. In alcuni territori, dove la presenza dell’organizzazione è più forte, le pratiche le hanno conferito un implicito ruolo di sindacato. Altrove, il risultato è stato ottenuto per via meramente mediatica.
Casapound, nella sua storia, ha amato giocare con l’ambiguità e con il vittimismo. Sebbene gli esponenti stessi si siano definiti “fascisti del Terzo Millennio”, nei linguaggi, nella propaganda e nelle tipologie di iniziative organizzate non viene calcata la mano su aspetti folkloristici come saluti romani o croci celtiche e svastiche. Anzi, i simboli vengono utilizzati per spiazzare e creare confusione, come l’adozione di un’icona come Fabrizio De André per alcune iniziative del gruppo neofascista. Tattica poi mutuata dal leader della Lega Matteo Salvini.
Quanto al secondo elemento, il vittismo, Casapound ama farsi zittire, reprimere (seppur mai con le manganellate) e farsi proibire le manifestazioni.
Questa forma di contrasto serve alla retorica della poca democraticità degli avversari, un argomento che l’estrema destra utilizza per assotigliare ancor più le distinzioni valoriali e programmatiche, operando un ribaltamento ideologico.
Un salto di qualità di queste strategie si è registrato poche settimane fa, quando giornalisti di fama nazionale, del calibro di Enrico Mentana e Corrado Formigli, sono caduti nella sottile trappola tesa proprio da Casapound, che li ha invitati ad un confronto con il leader nazionale Simone Di Stefano.
Un po’ per narcisismo, i giornalisti hanno accettato, ma non hanno considerato qual era il vero obiettivo dell’organizzazione: non risultare “vincitori” nel confronto, ma acquisire visibilità nazionale e accreditarsi nell’alveo delle forze politiche legittime. Per usare le parole del giornalista Valerio Renzi, mediaticamente la presenza di Casapound è stata normalizzata.
GLI INCIUCI POLITICI
La normalizzazione cui mira Casapound viene perseguita anche sul versante politico in senso stretto.
Consapevoli del deficit valoriale che attraversa l’attuale classe dirigente del Paese, in particolar modo del Partito Democratico, i neofascisti hanno utilizzato gli esponenti dei partiti per farsi un’immagine di forza democratica con cui si può dialogare.
A questo proposito, un’accurata e attenta analisi di Wu Ming e Nicoletta Bourbaki ricostruisce tutti i rapporti intercorsi tra esponenti del partito di Renzi e Casapound.
LA SOTTOVALUTAZIONE
Uno degli argomenti utilizzati per rassicurare i cittadini sull’avanzata del neofascismo riguarda le dimensioni delle varie organizzazioni. In molti tendono drammaticamente a sottovalutare la portata e la capacità pervasiva dell’estrema destra, oltre al potenziale inespresso in questa precisa fase storica.
Gli elementi che non vengono presi in considerazione sono, ad esempio, una grande capacità di mobilitare, di persuadere e di governare il dissenso e il malessere sociale.
Prendiamo l’esempio di Ostia e del X Municipio di Roma, appena andato al voto. Dopo le prime fasi di sgomento, molti hanno minimizzato il 9% registrato da Casapound nelle urne. “Si guardi ai numeri reali”, si è detto. E in effetti, in un primo momento, il numero di voti registrato dalla formazione neofascista può sembrare modesto: 4862 preferenze per la lista, che salgono a 5968 voti registrati dal candidato Luca Marsella.
Poca cosa in un territorio di 185.661 aventi diritto. Sbagliato!
La bassa affluenza al voto, pari al 36,1%, ha fatto sicuramente il gioco di Casapound nella composizione della percentuale, ma ciò non significa che i 118.635 cittadini che non si sono recati alle urne, insieme ai circa 62mila che sono andati a votare e non hanno scelto Casapound, possano rappresentare un argine all’avanzata del neofascismo.
Sindacati e organizzazioni democratiche, in questi anni, hanno mostrato grandi difficoltà nel mobilitare le persone. Lo spauracchio neofascista, in particolare, non sembra più sufficiente a scuotere le coscienze.
Con i suoi quasi 5mila voti, Casapound a Ostia non si colloca molto lontano dal Pd, che ne ha presi 8686, ed ha superato di gran lunga la Lega, che ha preso 2632 preferenze.
IL FOCUS DELLE AUTORITÀ E LE POLITICHE
L’assenza dei corpi intermedi e gli errori della stampa, però, potrebbero essere compensati da un’attività istituzionale, sia giudiziaria che governativa, che reagisca al fenomeno dell’avanzata dei neofascismi. Purtroppo non è così e, anzi, la direzione intrapresa in questi anni è stata quella opposta.
Il pugno di ferro del ministro Marco Minniti e di molti questori non è stato indirizzato verso i neofascisti, ma verso i movimenti sociali e le persone in difficoltà. Non si è trattato solamente di ostacolare gli unici anticorpi ancora disponibili all’avanzata dell’estrema destra, ma addirittura di legittimare le credenze e le paranoie usate da quest’ultima per allargare il proprio consenso.
La retorica legalitaria del decreto Minniti-Orlando sulla sicurezza urbana, l’operazione mediatico-politica ai danni delle ong che salvavano vite nel Mediterraneo, la stessa stretta sui diritti giuridici dei migranti, insieme ad una diffusa e persistente repressione dei movimenti della sinistra radicale e anarchica, fatta di sgomberi, chiusure di centri sociali dove veniva gestito e incluso il disagio, limitazione delle libertà personali attraverso misure preventive come i fogli di via e i divieti di dimora, hanno bastonato realtà che, anche se con modalità radicali, agivano con l’orizzonte dei valori costituzionali, sottovalutando, trascurando se non addirittura aiutando, invece, chi ha propositi totalitari ed eversivi.
COME USCIRNE?
Considerati tutti gli elementi fin qui descritti, il quadro socio-politico del nostro Paese non lascia presagire nulla di buono.
Le leggine proposte e approvate fuori tempo massimo, oltretutto incentrate su aspetti marginali come la gadgettistica neofascista, non sono minimamente all’altezza della situazione.
Né tantomeno servono le iniziative spot, come quelle adottate per il caso degli adesivi dei tifosi laziali che ritraevano Anna Frank. La risposta è stata forse più patetica dell’iniziativa stessa.
Il fascismo si sconfigge innanzitutto sul piano culturale, ma anche e soprattutto sul piano sociale. All’orizzonte, però, non sembra esserci alcun indicatore di risveglio in questo senso e, a meno che non succeda qualcosa, siamo davvero nei guai.