Si intitola “Musei, vincono i privati, perdono i precari e lo Stato” la seconda parte dell’inchiesta di Benedetta Aledda e Laura Pasotti, che oggi è stata pubblicata sul Domani. Le due giornaliste hanno indagato la situazione del lavoro nel settore dei Beni culturali e vi hanno trovato problemi e sfruttamento, come avviene in molti altri settori.
Al centro del problema c’è, ancora una volta, il sistema degli appalti, che nel settore dei Beni culturali sono possibili grazie alla legge Ronchey del 1993. Tra inquadramenti contrattuali per risparmiare sul costo del lavoro e precarietà, chi lavora nel settore non se la passa bene.

Appalti e sfruttamento, anche i Musei svenduti ai profitti privati

«Spesso l’inquadramento dei lavoratori del settore è quello per gli addetti alle pulizie, cioè il multiservizi, mentre esiste un contratto di settore, il Federculture, che non viene applicato», osserva ai nostri microfoni Pasotti.
Le paghe, di conseguenza, vanno dai 4 ai 7 euro l’ora per lavoratori e lavoratrici che si occupano di servizi per il pubblico dei musei, come l’accoglienza, la caffetteria, i bookshop, le audioguide, la biglietteria, eccetera.
Ad essere protagoniste di questa gestione, spesso, sono grandi cooperative, che si aggiudicano appalti in tutta Italia.

«A perderci è anche lo Stato e da molti punti di vista – sottolinea la giornalista – come la valorizzazione dei Beni culturali stessi, che era l’obiettivo della legge».
Spesso il pubblico paga di più rispetto ad una gestione interna e l’unico vantaggio sembra essere quello di non occuparsi direttamente della gestione.
Oltre alle cooperative, il sistema degli appalti ha subito un’evoluzione. A volte sono fondazioni partecipate dal pubblico, a cui è stata affidata la gestione dei musei, a indire gare d’appalto per la gestione dei musei. Oppure è il pubblico stesso ad aprire spa, come Ales, Arte Lavoro e Servizi, una società del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Tra cassa integrazione e discontinuità occupazionale, le lavoratrici e i lavoratori del settore vivono grandi difficoltà, che potrebbero essere risolte attraverso diversi modi. Da un lato intervenendo sui bandi di gara, in modo che preservino la dignità delle persone che lavoreranno nei servizi. Dall’altro, però, la strada dovrebbe essere quella dell’internalizzazione.
Secondo “Mi riconosci”, gli esternalizzati sono almeno il 60% degli addetti totali. Di qui la proposta di considerare la cultura al pari della sanità o dell’istruzione, cioè un sistema nazionale essenziale.

ASCOLTA L’INTERVISTA A LAURA PASOTTI: