Referente bolognese di Agedo, l’Associazione di Genitori di Omosessuali, Flavia Madaschi è morta in seguito ad una lunga malattia. Il ricordo commosso del presidente del Cassero Vincenzo Branà: “Ha saputo essere mamma anche di chi non ha trovato sostegno nella propria famiglia”.
Flavia Madaschi, referente bolognese di Agedo, l’Associazione di Genitori di Omosessuali, si è spenta oggi dopo una lunga malattia. Ad annunciarlo è stato il presidente nazionale dell’associazione, Fiorenzo Gimelli, sul sito dell’associazione stessa, con un breve messaggio: “Cari amici, è con grande dolore che vi informo che oggi, a Bologna, è mancata Flavia Madaschi, mamma AGEDO combattiva e punto di riferimento per la comunità LGBT. Siamo vicini alla famiglia e a quanti la conoscevano”.
La comunità lgbtqi bolognese è sotto shock, al punto che il presidente del Cassero, Vincenzo Branà, ai nostri microfoni afferma: “Viene a mancare un pezzo molto grande, che ci fa vacillare”.
Branà ricorda anche l’importanza dell’operato di Flavia, in uno dei temi più delicati inerenti la questione omosessuale: la famiglia. “Accoglieva i genitori delle persone gay, lesbiche e trans e parlava con loro ed è stata mamma di tante persone che non hanno trovato nella famiglia le risposte, le sicurezze, il sostegno di cui avevano bisogno per identificare se stessi. Lei rappresentava un modello di famiglia che tutti avremmo voluto, con una mamma forte che ci sostenesse. E quel modello non l’ha tenuto solo per sè, ma l’ha condiviso con tutti e tutte noi”.
A Bologna Flavia aveva condotto in prima linea una battagli”Ha saputo essere mamma anche di chi non ha trovato sostegno nella propria famiglia”a per l’ingresso di associazioni come Agedo e Famiglie Arcobaleno all’interno della Consulta della famiglia. “Non l’ha fatto solo perché c’era un principio da sostenere – osserva il presidente del Cassero – ma perché aveva voglia e bisogno di parlare con gli altri genitori”. L’obiettivo era quello di aprire un dialogo per contrastare l’omofobia che fa più male, quella all’interno delle famiglie, perché un figlio non denuncerebbe mai il proprio padre o la propria madre. In seguito a quella battaglia, sostiene Branà, c’è stata la voglia di esplorare un plurale nel concetto di famiglia.
“Era molto battagliera, ma sapeva trovare sempre le parole giuste – continua il presidente del Cassero – e ad esempio quando sollevava la questione degli assistenti sociali, degli strumenti che spesso loro mancavano per intervenire, non si rivolgeva mai con toni aggressivi ai dipendenti comunali, ma parlava loro con la dolcezza delle mamma.
“La comunità lgbt ha un grande irrisolto nelle famiglie – conclude Branà – Lei, donna eterosessuale, ha saputo fare il collante anche, ad esempio, per le persone trans, che più vivono il problema della marginalizzazione. Ha saputo fare propria una battaglia di tutte e tutti e lo scopriamo oggi, leggendo il senso di gratitudine in maniera molto dolorosa”.