78 organizzazioni internazionali lanciano un appello per risolvere i problemi dei minori migranti. Rinchiusi in centri di detenzione, privati della scuola e costretti ad attendere oltre un anno per vedere analizzata la propria richiesta di asilo. Egizia Petraccioni di Save the Children ci fotografa la situazione e le possibili soluzioni.

Tra i migranti che ogni giorno arrivano in Europa vanno sicuramente ricordati i numerosissimi minori non accompagnati. Sono infatti più di 664.500 i bambini che, tra gennaio 2015 e settembre 2016, hanno richiesto asilo in Europa.
“Stiamo entrando nel terzo anno della così detta crisi migratoria – ricorda Egizia Petraccioni di Save The Children – ma noi continuiamo a sostenere che non si debba trattare questo fenomeno come una crisi o un emergenza ma come un fenomeno strutturale, quindi come tale va affrontato e va gestito da parte sia dei singoli stati europei che delle istituzioni europee stesse”.

In occasione della decima edizione del Forum Europeo sui diritti dei minori, che si è svolto a Bruxelles, 78 agenzie internazionali, tra cui la stessa Save the Children e Unicef, hanno lanciato un appello. La situazione europea per quanto riguarda la protezione dei minori risulta al quanto problematica. Basti pensare ai più di 700 bambini morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa. Su 10 minori arrivati in italia quest’anno, inoltre, 9 erano non accompagnati.
Nel resto d’Europa la situazione non risulta migliore e secondo le 78 organizzazioni si sta facendo troppo poco per rispondere ai bisogni di questi bambini.

È inaccettabile – ritiene Petraccioni – che oggi in Europa si sia ancora costretti come associazioni umanitarie a mobilitarsi affinchè vengano chiusi i centri di detenzione, nei quali sono detenuti per mesi minori non accompagnati, che non hanno alcuna colpa se non quella di voler cercare un luogo sicuro per il loro futuro”.
Nemmeno i tempi per i ricongiungimenti funzionano. Numerosissimi, infatti, sono i bambini che per raggiungere i membri della propria famiglia in Unione Europea devono aspettare oltre un anno.
In Svezia, per esempio, rimangono spesso fino ad un anno in attesa dell’udienza per la loro richiesta d’asilo. In Grecia vengono bloccati e restano fuori dal percorso scolastico, in media, per 20 mesi. Tutti ritardi che sono, secondo le organizzazioni firmatarie dell’appello, estremamente pericolosi: si rischia di incorrere nella scomparsa di alcuni bambini, che addirittura possono finire in mani sbagliate, come ad esempio vittime di trafficanti.

L’Europa è un insieme di pratiche differenziate che convivono non solo diverse tra un paese e l’altro ma anche all’interno di uno stesso paese – racconta Petraccioni – Ci sono da una parte straordinarie esperienze di accoglienza e dall’altra invece situazioni di assoluta mancanza di diritto.”  È quindi necessario superare la frammentazione che è il problema principale a cui segue una mancanza di volontà politica e di lungimiranza da parte dei governi dei singoli paesi europei, nonostante esista un’agenda sulla migrazione, nonostante siano state previste una serie di misure e decise quote ormai da più di un anno. Le stesse quote stabilite dagli stessi Paesi europei, ma mai attuate.

L’Unione Europea e gli Stati Membri potrebbero quindi fare molto più di quel che effettivamente fanno ed è proprio per questa ragione che le associazioni per la tutela dei bambini, rivolgendosi al Forum, invitano a intraprendere azioni concrete, a definire una leadership, a dedicare risorse economiche pubbliche e a concordare quadri strategici che definiscano gli obiettivi e misurino i progressi.

Sono 7 le azioni prioritarie individuate per proteggere i minori migranti e rifugiati, raggruppabili in tre macrogruppi principali. La prima cosa fondamentale è che venga varato un piano d’azione europeo che faccia dei minori migranti e rifugiati un effettiva prioprità strategica e che vengano, secondo queste indicazioni, create in maniera coerente delle legislazioni nazionali.
Il secondo asse di priorità è l’attivazione di sistemi di protezione per i bambini in viaggio, sia verso l’Europa che all’interno di essa. Il terzo punto è il coinvolgimento attivo delle comunità territoriali di accoglienza perchè sviluppino capacità di inclusione e non vivano questo fenomeno come un problema.

Alessia Lizzadro