L’accordo siglato nei giorni scorsi tra Unione Europea e la Turchia di Erdogan non ferma il flusso di profughi che continuano a sbarcare sulle isole greche. Unhcr e organizzazioni umanitarie come Msf e Save the Children sospendono le loro attività negli hotspot: “Non vogliamo essere complici di un sistema ingiusto”. A Idomeni la situazione resta disastrosa.
Gli effetti dell’intesa Ue-Turchia, entrata in vigore nei giorni scorsi, si fanno già sentire. Mentre gli sbarchi proseguono senza sosta – parzialmente attutiti in questi giorni solo a causa delle condizioni meteoroligiche -, sulle isole greche, Lesbo in testa, i campi di accoglienza si sono già trasformati in centri di detenzione per migranti. Migliaia di persone, uomini, donne e bambini, in arrivo dalla Turchia, vengono ammassate nelle strutture dell’isola. Per queste ragioni, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) e Medici senza frontiere (Msf) hanno deciso di non supportare più le attività all’interno degli hotspot in Grecia.
“In linea con la nostra politica, che si oppone alla detenzione obbligatoria – spiega l’Unhcr – l’Agenzia ha sospeso alcune delle sue attività nei centri chiusi sulle isole. Tra le attività sospese è incluso il servizio di trasporto da e per questi siti“. Il personale Onu resterà tuttavia sul posto per vigilare sul rispetto dei diritti dei rifugiati e per fornire loro informazioni sulle procedure per la richiesta di asilo. Sulla stessa scia anche Msf: “Abbiamo preso con estrema difficoltà la decisione di cessare le nostre attività nel centro di Moria, a Lesvo, perché non vogliamo essere complici di un sistema che consideriamo ingiusto e inumano – sottolinea Marie Elisabeth Ingres, Capo missione di Msf in Grecia – Non permetteremo che la nostra assistenza sia strumentalizzata per un’operazione di espulsione in massa, ci rifiutiamo di essere parte di un sistema che non tiene conto dei bisogni umanitari o di protezione dei richiedenti asilo e dei migranti”. A seguire l’esempio potrebbe essere anche Save the Children, pronta a rivalutare il suo lavoro nei centri dell’isola.
Il patto tra l’Europa e Ankara, ritenuto gravemente lesivo dei diritti umani e contrario alla Convezione di Ginevra da parte delle maggiori organizzazioni umanitarie, non ha impedito nuovi arrivi sulle isole greche: oltre 1600 da domenica fino a ieri, 934 dei quali a Lesbo. “In questo momento il numero dei rifugiati che stanno cercando di arrivare è un po’ diminuito, soprattutto a causa delle condizioni meteorologiche – spiega Giovanni Riccardi Candiani di Oxfam – il flusso è però continuo, nell’ordine del migliaio di persone al giorno”. Il governo greco aveva chiesto 24 ore di tempo per predisporre i mezzi e il personale necessario per far fronte al trasferimento dei profughi a seguito dell’accordo Ue-Turchia. “Le connessioni tra le isole e la Turchia non sono ancora cominciate, i rappresentanti del governo turco sono sul posto e si stanno ancora organizzando – spiega Candiani – Nelle isole, soprattutto a Lesbo, le persone che arrivano hanno un supporto per i bisogni minimi. Al nord, al confine con la Macedonia, la situazione è più complicata”.
A Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia, sono circa 15mila le persone bloccate in condizioni drammatiche dopo la chiusura della rotta balcanica. Le proteste dei profughi sono continuate anche oggi, dopo che ieri due profughi siriani si erano dati fuoco.