«Michela era un’intellettuale», dice Marcello Fois, scrittore e amico fraterno di Michela Murgia. «Sapeva vedere il presente per quello che era e spiegare le condizioni che lo determinavano, e nella contemporaneità percepiva una mentalità fascista latente, la tendenza a limitare le libertà e lei ha continuato a denunciarlo nonostante gli attacchi ricevuti. Era contraria al commissariamento militare durante la pandemia e – come si legge dal suo secondo libro postumo “Ricordatemi come vi pare” uscito il 30 aprile per Mondadori Edizioni – temeva ci fossero le condizioni perché si consolidasse un potere fascista».
Nello stesso testo che fa redigere al suo editor, Beppe Contafavi, scrive: “A vent’anni ci chiedevano se saremmo morti democristiani. Non mi importa se non avrò molto tempo (detta queste parole a pochi mesi della sua dipartita, ndr): ora vorrei solo che il destino non avesse la faccia tosta di farmi morire fascista”. Con ironia centra il punto. Come altre volte vedeva i meccanismi con cui viene “azionato” il presente da parte di chi è al potere arrivando, con un’attenta analisi, alla soglia del futuro; arrivando anche a prevederlo. Partendo da sue esperienze di vita e dalla cronaca mostrava come chi era al potere orientasse in modo più o meno subdolo una linea di pensiero screditando le altre. Si metteva in prima linea. Lo faceva scrivendo libri e articoli di commento, esponendosi al rischio di essere attaccata. Alla domanda cosa avrebbe fatto Michela Murgia davanti alla notizia che la seconda stagione di “Insider”, programma sulle mafie di Roberto Saviano, non sarebbe andato in onda o a quella che Antonio Scurati, il 25 aprile, non avrebbe potuto leggere su Rai tre il suo discorso sulla liberazione dal nazifascismo, Fois risponde: «Sicuramente avrebbe denunciato queste limitazioni alla libertà di espressione». E aggiunge «è soprattutto in questi momenti che si sente la sua mancanza…»
È uscito a fine aprile il nuovo libro di Michela Murgia scritto dal suo editor Beppe Contafavi
Figlia, figlia d’anima, cattolica, studentessa, lettrice, lavoratrice, politica, attivista e madre in senso ampio, narratrice prima, scrittrice poi e intellettuale. Michela Murgia si descrive così nel suo ultimo libro “Ricordatemi come vi pare. In memoria di me”. E Marcello Fois, suo amico da vent’anni, conferma. Ma sull’etichetta di “narratrice” interviene: «Il narratore ha uno sguardo distaccato, mentre lei era sempre coinvolta. Penso che fosse più scrittrice che narratrice». Dal capitolo dedicato alla sua esperienza di figlia e di figlia d’anima, a quello dedicato alla sua scelta di formare una famiglia queer, fino ai paragrafi in cui ha raccontato le lotte che ha portato avanti con i suoi libri e i suoi articoli contro i potenti dal pensiero unico, emerge un’osservatrice tanto acuta nell’analizzare il presente quanto partecipe, mai indifferente. «Era imbattibile in questo», continua Fois. «Leggeva i fatti e sulla base delle condizioni contingenti capiva come si sarebbero sviluppati. Una capacità che caratterizza gli intellettuali. Lei lo era ed esponeva le sue idee con coraggio».
Idee ribadite nei capitoli del nuovo libro da cui emerge la sua lotta per la libertà. «Lei era per la libertà e probabilmente il fatto di non averne avuta fino alla fine dell’adolescenza l’ha mossa a intervenire quando vedeva quelle altrui ridotte o soppresse. Probabilmente avrebbe voluto che altri lo facessero per lei a suo tempo». Credeva fosse fondamentale scegliere chi avere vicino nella vita, diede corpo, con il suo esempio, alla famiglia d’elezione, o queer, alla quale appartengo. «L’esperienza personale – quella di aver lasciato la famiglia biologica, dentro la quale non le era permesso di autodeterminarsi, andando a vivere dagli zii che le diedero la possibilità di mettersi in gioco, di studiare e di scegliere chi essere – l’ha segnata ». E ricondusse alla libertà di scegliere temi come la maternità (che in “Dare la vita”, il suo primo libro postumo, distingue dalla gravidanza) e il fine vita. In questo quadro rientra anche «la libertà di pensiero e di espressione che per Michela erano minacciate». Nel tredicesimo capitolo, “Fascismo e memoria corta”, Murgia, sostiene quanto il pensiero fascista permanga nella mente delle persone, nonostante il fascismo ufficialmente non esista più, e come riemerga sotto forma di attacchi screditanti verso il pensiero divergente e chi lo esprime. Fois precisa: «Michela fu criticata duramente per il suo libro “Istruzioni per diventare fascisti” (2018), per il questionario che contiene, il “Fascistometro”. L’opinione pubblica si scatenò e arrivò un commento aspro anche da parte di Matteo Salvini – che scrisse: “Vi presento la geniale ideatrice del “Fascistometro”! Certi “intellettuali” se non ci fossero bisognerebbe inventarli…!”. Allora Salvini era ministro dell’Interno e come tale il peso del suo commento indirizzò il dibattito. I giudizi arrivarono a cascata».
Con l’autore nuorese si parte da questo primo episodio del passato, che risale al 2018, per arrivare a parlare dell’attualità e dei recenti episodi di limitazione della libertà di espressione. Quello di Roberto Saviano, a cui non è stata data la possibilità, a novembre 2023, di mandare in onda la seconda stagione di “Insider”, un programma televisivo sulle mafie, e il caso Antonio Scurati quando il 25 aprile di quest’anno la Rai non gli ha permesso di leggere in televisione il suo monologo sulla liberazione del Paese dal nazifascismo. «Lei, come altri intellettuali non passivi e non asserviti al potere, lo ribadiva. Ero d’accordo con lei. In qualche modo è segnale di una democrazia depressa. Sicuramente sarebbe intervenuta in loro aiuto e avrebbe denunciato quanto accaduto». Alla domanda quale fossero state le difficoltà che viveva come intellettuale Fois afferma, senza esitazione: «La solitudine. Quando veniva aggredita, in pochi la sostenevano».
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