Lazarus“, un inconsueto pezzo di “teatro musicale”, scritto da David Bowie poco prima della sua scomparsa insieme al drammaturgo irlandese Enda Walsh, è considerato il testamento creativo dell’artista londinese. Ma ora è anche uno spettacolo teatrale che sarà in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna dal 26 al 30 aprile. A firmare la regia è Valter Malosti e, per la prima volta nel ruolo di attore, ci sarà Manuel Agnelli.

Il “Lazarus” di David Bowie interpretato da Manuel Agnelli all’Arena del Sole

La tournée di “Lazarus” arriva al Teatro Arena del Sole di Bologna dal 26 al 30 aprile, dopo il debutto al Teatro Bonci di Cesena e le repliche a Modena, Rimini e Roma. La regia è del direttore di ERT Valter Malosti, che ne ha curato la versione italiana confrontandosi con lo stesso Walsh.
Nel ruolo del protagonista Newton uno dei nomi di punta della musica italiana: Manuel Agnelli, cantautore e storico frontman degli Afterhours.

La prima rappresentazione di “Lazarus” ha avuto luogo il 7 dicembre 2015 al New York Theatre Workshop di Manhattan, e quella è anche stata l’ultima apparizione pubblica di Bowie che sarebbe scomparso appena un mese dopo, il 10 gennaio 2016.
Si tratta di una sorta di sequel de “L’uomo che cadde sulla terra“, perché nella pièce vengono riprese le fila dell’infelice storia del migrante interstellare Newton, costretto a rimanere sulla Terra. «Forse Bowie – commenta Malosti – voleva concludere anche quel capitolo rimasto in sospeso, per liberare o liberarsi di quel personaggio, di cui ha inscenato la morte alla fine del tour del 1973».

Nella versione di Bowie e Walsh, l’alieno è ancora prigioniero sulla Terra, sempre più isolato nel mondo, chiuso nel suo appartamento, in preda alla depressione e vittima dei suoi fantasmi e della dipendenza dal gin: un moribondo che non riesce a morire. In questa situazione disperata, Newton riceve segnali dal passato attraverso la tv, capta visioni del futuro generate dalla sua mente, mescola realtà e sogni ad occhi aperti. «È un personaggio molto sfumato con carattere forte ma non semplice, in cui mi riconosco tantissimo», commenta Agnelli.

ASCOLTA LE PAROLE DI MANUEL AGNELLI:

Ma per Bowie la figura dell’alieno rappresenta tutti i “diversi”, o meglio quelli che la società considera tali. «Bowie – afferma Malosti – era un’antenna sensitiva dello spirito del tempo e delle arti, percepiva umori e atmosfera, e poi digeriva e rimescolava tutto in una sintesi geniale, direi alchemica, visto il suo interesse per questa materia, in cui l’androginia e l’energia dionisiaca fanno esplodere l’interiorità e l’identità in mille frammenti e altrettante maschere. Bowie farà del mito della maschera la sua cifra più importante: di volta in volta lui cambia la maschera che indossa e fa in modo che la gente e lui stesso si identifichi nella maschera che indossa e poi la fa morire e passa a un’altra cosa».

«Alla luce della sua morte – prosegue il regista – tendiamo a leggere tutto ciò che Bowie ha creato nei suoi ultimi anni come allegoria autobiografica, specialmente quando ci viene data una serie di indizi apparentemente ovvi come quelli che troviamo in Lazarus. Ma Bowie, come sempre nelle sue creazioni e nei suoi alter ego, sta usando la persona di Newton, mobilitandola come veicolo per una serie di temi costanti che troviamo nella sua musica: l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore, l’orrore del mondo e la psicosi indotta dai media. Newton è allo stesso tempo Bowie e non è Bowie».

ASCOLTA LA PRESENTAZIONE VALTER MALOSTI: