«Mi è capitato tante volte di ascoltare I Cento Passi, la celebre canzone dei Modena City Rambler dedicata alla memoria di Peppino Impastato. Eppure ogni volta mi riempie e mi inorgoglisce vederla cantare da giovani e giovanissimi. Io credo che Peppino parli a più generazioni. Coinvolge i giovani perché le sue battaglie sono le loro – l’antimafia, l’ambiente, la giustizia sociale – ma sopratutto perché era un ragazzo anche lui».
A 44 anni dall’omicidio Peppino Impastato rimane una figura di riferimento per molti grazie anche all’impegno della nipote Luisa Impastato
A parlare ai microfoni di Radio Città Fujiko è Luisa Impastato, nipote di Peppino, ucciso in Sicilia 44 anni fa da quella mafia che non sopportava il suo attivismo politico e la voce libera della sua Radio Aut. Luisa, nata nove anni dopo l’omicidio dello zio, ne ha preso il testimone con il progetto Casa Memoria. Al telefono con noi ha la voce ferma ma appassionata. I protagonisti delle sue vicende sono tutti chiamati per nome, perché la storia che racconta è assieme intima e pubblica, privata ma profondamente politica. E ci parla non solo di un’icona della lotta contro la mafia, ma anche di una voce che attraversa le generazioni.
Peppino Impastato era un’attivista antimafia, ma il suo impegno non si limitava a questo tema.
«La lotta antimafia di Peppino si inserisce in un suo percorso di militanza, iniziato da giovanissimo, che aveva alla base degli ideali. Peppino credeva nell’uguaglianza, nella giustizia sociale, nei diritti delle persone. Lottava contro lo sfruttamento dei lavoratori e quello del territorio. Era già negli anni ’70 ecologista, antimperialista, antifascista. La mafia era la negazione di questi diritti a lui più prossima».
Quando i giovani ne sentono parlare conoscono il contesto, anche politico, in cui si è formato?
«Tutte le volte che parlo di lui cerco di trasmettere la storia di quel periodo. Anche nell’impegno culturale di Peppino c’è una dimensione fortemente politica. E anche la mafia dell’epoca era diversa da quella di oggi – ancora più dominante, in tutta la sfera pubblica».
E quando incontra i giovani cosa le chiedono?
«La prima domanda, quella di rito, è su Cinisi [il paese di Peppino N.d.R]. Mi chiedono se le cose sono cambiate, e rispondo di sì. La figura di Peppino Impastato ha trovato resistenze anche nella sua città natale, e in parte le trova ancora, ma oggi sempre meno persone lo avversano.
Le domande più difficili, però, me le fanno i bambini. Sono loro che entrano sul personale. Mi chiedono cosa provo, se ho mai desiderato conoscere mio zio. Un bimbo una volta mi chiese se lo avessi mai sognato».
C’è un altro personaggio che colpisce in questa vicenda. Felicia Impastato, madre di Peppino e sua nonna.
«Ho avuto la fortuna di crescerci assieme. E’ stata lei che mi ha permesso di sentire familiare Peppino, di sentirmi parte di questa storia. Grazie a lei ho raccolto il testimone e ho impostato parte della mia vita attorno a questo progetto».
Anche lei ora è madre. Come parla di Peppino ai suoi figli?
«Non ricordo la prima volta che da bambina mi parlarono di lui. Credo sia quello che sta accadendo ai miei figli. Ora hanno otto e cinque anni, e crescono davvero dentro Casa Memoria, a contatto con le persone che vengono a trovarci, conoscendo la storia di Peppino. Io provo a raccontarglielo come posso. Ricordo che al più grande, quando ancora aveva quattro anni, gliene parlai come di un supereroe che combatteva i cattivi. La definizione di eroe, in realtà. non ci piace, ma per iniziare ad introdurgli la figura di Peppino mi ha aiutato».
Ci parli un pò della Casa Memoria.
«Mi piace definirla come l’eredità morale di Felicia, mia nonna. Il direttivo di Casa Memoria è formato da sole donne, per caso, ma a maggior ragione mi fa sentire una certa continuità. Casa Memoria ha due anime: è la sede della nostra associazione ed è la casa in cui Peppino visse e in cui Felicia accolse negli anni migliaia di persone per raccontargli la storia del figlio.
Da un lato, quindi, continuiamo ad ospitare chiunque voglia venire a trovarci. Dall’altra siamo ormai una rete radicata su tutto il territorio nazionale impegnata in una serie di iniziative sui temi che erano di Peppino: dall’impegno sociale all’ambientalismo».
E’ sempre difficile fare esperimenti di questo tipo, ma se Peppino vedesse il mondo di oggi, cosa lo preoccuperebbe di più?
«E’ una domanda difficile, e nessuno oggi può prendersi la responsabilità di affermare cosa Peppino direbbe o farebbe. Ma di certo credeva veramente nelle sue idee, e per questo possiamo chiederci da che parte starebbe. Io credo starebbe assieme ai lavoratori sfruttati, assieme a chi lotta contro il riscaldamento globale, con chi si impegna in pratiche di solidarietà, con chi crede nella pace e nella nonviolenza. Starebbe con l’antimafia, un’antimafia sociale».
ASCOLTA L’INTERVISTA A LUISA IMPASTATO:
Lorenzo Tecleme