E’ andato in scena al Duse “PPP – un segreto italiano”, spettacolo nel quale il giornalista ricicla il libro scritto alcuni anni fa e il suo mondo di ricerche sul delitto che costò la vita al grande intellettuale il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Roma.

Prudentemente e con ironia, una delle prime battute della serata (pronunciata da Elena Pau) è “Quando un intellettuale non sa cosa dire, scrive un libro su Pasolini, meglio ancora sulla sua morte”. Difficile parlare di spettacolo teatrale. L’approccio meramente giornalistico di Carlo Lucarelli è evidente e invadente, il suo snocciolare fatti, misfatti e date è indigeribile, in assenza di spezzoni video. Un testo pieno di congetture, ovviamente fondate,  ma pur sempre congetture che si basano sostanzialmente sulla non credibilità della versione ufficiale, peraltro smentita da Pino Pelosi nella sua “seconda vita da testimone”. Un racconto di documenti d’epoca, come gli articoli di alcuni giornalisti all’indomani del delitto. Molto interessanti soprattutto gli intrecci che si diramano intorno a “Petrolio” e che coinvolgono Enrico Mattei e Mauro de Mauro. Tutto interessante, ma di teatrale ci sarebbe  niente, se non fosse per i bravissimi Alessandro Nidi ed Elena Pau che puntellano di arte e di bellezza una narrazione arida, infarcita di nozioni elencate in modo meccanico e veloce. Davvero pregevoli i due artisti, Nidi per la precisione e la delicatezza delle esecuzioni pianistiche, le quali  ben si intrecciano alla voce della Pau, di notevole capacità e spessore teatrale.

Quando muore in circostanze non chiarite un uomo importante, difficilmente ci si vuole rassegnare a cause dozzinali, perché la dozzinalità – pur investendo la quasi totalità delle nostre vite – non può riguardare quella figura che tanto stimiamo per mille motivi. C’è tuttavia da ammettere che ipotizzare un delitto politico per Pasolini è certamente più ragionevole che arrampicarsi a cercare congiure contro Luigi Tenco o Rino Gaetano. Per Lucarelli non ci sono dubbi: è stato un delitto politico. E, “alla Pasolini”, dice “io so ma non ho le prove”.  Aggiungendo “un giallista come me non può non essere dietrologo e complottista”. Comprensibile la sua impostazione e interessante la trattazione, ma uno spettacolo misero: praticamente ci siamo visti Report a teatro, e senza i contributi filmati.

Sergio Fanti