Cosa significa vivere con il primo pronto soccorso a cinquanta chilometri e nessun presidio sanitario pubblico? Lo sanno bene i cittadini del basso ionio cosentino, dell’alto crotonese e dell’entroterra della Sila Greca, che ormai undici anni fa, in piena spending review, si sono visti chiudere, per effetto dei tagli lineari alla sanità, l’ospedale di Cariati.
Il 19 novembre scorso, però, i cittadini del movimento “Le Lampare” hanno deciso di reagire e hanno occupato – prima volta nella storia d’Italia – l’ospedale dismesso.

Sanità pubblica, l’occupazione dell’ospedale di Cariati

Continua da quattro mesi l’occupazione dell’ospedale di Cariati. Un gesto forte che testimonia l’estremo bisogno di sanità pubblica, reso ancora più evidente dalla pandemia.
«Da quando, nel 2010, l’allora commissario e presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, decise di chiudere l’ospedale di Cariati, questo territorio è rimasto scoperto dalla sanità pubblica – racconta ai nostri microfoni Mimmo Formaro, uno degli attivisti che hanno dato vita all’occupazione – Si è anche creato un effetto domino per cui, da quando hanno chiuso questo presidio, quelli rimasti aperti hanno sofferto e continuano a soffrire il sovraccarico».

Il territorio che faceva riferimento all’ospedale di Cariati è molto esteso, andava appunto dallo basso ionio cosentino, passando per l’alto crotonese e coprendo anche l’entroterra della Sila Greca. Un bacino di 100mila abitanti durante l’inverno, che triplica in estate. Quel territorio è attraversato dalla statale 106, una strada con un alto numero di incidenti, al punto che gli abitanti l’hanno definita “la strada della morte”. «Da quanto è stato chiuso l’ospedale sono saltati tutti i parametri riferibili all’emergenza – sottolinea Formaro – Qua manca il pronto soccorso, mancano i posti letto».

Il paradosso, che forse paradosso non è ma conseguenza di una scelta politica, è che mentre il pubblico continua a soffrire, la sanità privata «continua ad ingrassare», evidenzia l’attivista. Il problema riguarda tutta la Calabria, che può contare su meno trasferimenti pubblici rispetto ad altre regioni, ma il territorio che fa riferimento a Cariati è diventato l’emblema del problema.
Oltretutto a fare riferimento a quell’ospedale erano anche le aree interne, che vivono un disagio doppio rispetto al territorio costiero o urbano. L’unico pronto soccorso presente nella zona dista cinquanta chilometri e dovrebbe coprire un’area che arriva fino a Policoro, in Bailicata.

«Noi abbiamo occupato un’ala dismessa dell’edificio, che attualmente è utilizzato appena per il 25% – racconta Formaro – Stiamo parlando di tredicimila metri quadrati in ottime condizioni. Se un anno fa in Italia si parlava della mancanza di posti letto ed ossigeno, qua abbiamo a disposizione tredicimila metri quadrati e l’ossigeno già canalizzato».
Il Covid non ha fatto altro che incancrenire problemi già presenti, come la carenza di posti letto, ed aggrava una dismissione della sanità pubblica che, secondo gli attivisti, avviene attraverso la strategia della “rana bollita”. «Se un medico va in pensione non viene sostituito – riferisce Formaro – Se un infermiere viene trasferito quel posto non viene reintegrato».

Da quando è iniziata l’occupazione, il movimento “Le Lampare”, però, ha già ottenuto qualche risultato. Ad esempio ha ottenuto l’assunzione di tre oss per un reparto di Rsam che è presente nella struttura occupata. Però il movimento punta più in alto, più precisamente alla riapertura dell’ospedale. «Il caso è arrivato anche in Parlamento – osserva l’attivista – e la nostra istanza è già sul tavolo del sottosegretario Pierpaolo Sileri, che ha definito quello di Cariati un presidio indispensabile. Attraverso un parlamentare siamo arrivati anche al ministro Roberto Speranza, che ha riconosciuto che la soluzione in Calabria passa per la riorganizzazione della rete ospedaliera».

La situazione sanitaria calabrese è stata al centro anche di una vicenda paradossale, con la nomina e l’avvicendamento ravvicinato di diversi commissari nei mesi scorsi. Alla fine il commissario ad acta della sanità calabrese è diventato Guido Longo, che proprio ieri ha prorogato i provvedimenti di accreditamento della sanità privata.
Gli occupanti dell’ospedale guardano con criticità il suo operato. In particolare si chiedono perché non raccolga la disponibilità data da Gino Strada ed Emergency per dare una mano.
«I cittadini vogliono cambiare la situazione – conclude Formaro – e ci stanno provando dal basso. Dopo quattro mesi di occupazione ora la palla è passata alla politica. Ma bisogna accelerare. Quello che non capiamo è perché, in una situazione di emergenza, si continua ad andare lenti, a fare pastrocchi con la burocrazia e non si prova invece a cambiare marcia».

ASCOLTA L’INTERVISTA A MIMMO FORMARO: