Sono uscite ieri le motivazioni dell’ordinanza di inizio agosto con cui il Tribunale del Riesame di Bologna ha disposto la revoca degli arresti domiciliari per sei sindacalisti di Si Cobas e Usb a Piacenza. L’inchiesta che li aveva portati alle misure cautelari era scaturita dalla Procura e prevedeva diverse imputazioni, tra cui quella gravissima di associazione a delinquere.
Fin dai primi giorni dopo gli arresti, appariva abbastanza chiaro che la Procura di Piacenza confondesse l’attività sindacale conflittuale con l’associazione a delinquere e ora il Riesame parta testualmente di «confusione» fatta dagli inquirenti.

Le motivazioni del Riesame che smontano l’inchiesta sulla logistica a Piacenza

A sintetizzare ai nostri microfoni le circa sessanta pagina di motivazioni del Tribunale del Riesame è il giornalista Francesco Floris, che sottolinea appunto la confusione evocata dai giudici che hanno fatto gli inquirenti di Piacenza nel ritenere associazione a delinquere ciò che invece è attività sindacale.
Non solo. A fine luglio, in conferenza stampa, gli inquirenti sostennero che i sindacalisti accusati avrebbero agito anche per arricchimento personale, sebbene nelle accuse non vi fossero imputazioni in tal senso. I giudici invece chiariscono che alcuni compensi percepiti da alcuni referenti sindacali riguardavano crediti aperti con le multinazionali della logistica. In altre parole: le aziende dovevano loro dei soldi.

Anche sulle controparti, gli imprenditori che denunciavano il sindacato, lamentavano atteggiamenti estorsivi o venivano sentiti dagli inquirenti, il Tribunale del Riesame esprime un’opinione, constatando di fatto che non sono testimoni super partes, ma soggetti con interessi nella vicenda.
«Alcuni sono criminali – osserva Floris – nel senso che hanno precedenti specifici». Come nel caso di un imprenditore coinvolto nel caso a cui, pochi giorni dopo gli arresti, la Guardia di Finanza ha sequestrato dei beni in Veneto.

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Il riconoscimento dello sfruttamento nella logistica

Nella premessa delle motivazioni dell’ordinanza del Riesame sono contenute affermazioni che per Marina Prosperi, una delle avvocate dei Si Cobas, sono molto importanti. In particolare, i giudici riconoscono il sistema di sfruttamento e caporalato in essere nella logistica e sostengono il diritto a difendersi da parte dei lavoratori.
«Le motivazioni, di fatto, seguono una linea che è stata l’impostazione della difesa», osserva Prosperi non nascondendo soddisfazione.

Prosperi sottolinea la difficoltà della Procura di Piacenza che ha aperto l’indagine di distinguere tra reati mezzo e reati fine. In particolare, i sindacati conflittuali possono mettere in atto qualche piccolo reato, come i blocchi ai cancelli, ma non allo scopo di costituire un’associazione a delinquere o di arricchire i sindacalisti, ma di migliorare le condizioni di lavoro in un contesto in cui fenomeni illeciti vengono praticati sistematicamente dalle imprese attraverso gli appalti e i subappalti e la contrazione dei diritti di lavoratori e lavoratrici.

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L’interrogativo: c’è chi vuole pacificare la logistica per via giudiziaria?

Quella di Piacenza non è la prima inchiesta a carico di Si Cobas o Usb che viene poi sgonfiata e ridimensionata nelle aule di tribunale. L’interrogativo che viene da porsi, alla luce delle pratiche di sfruttamento riconosciute nel settore e delle lotte agite dai sindacati di base, è se vi sia un tentativo di pacificazione del settore per via giudiziaria.
L’inchiesta di Piacenza, in particolare, ha destato molta attenzione, sia per la gravità delle imputazioni ai sindacalisti, sia per la mediatizzazione del caso, ma in generale l’operato dei sindacati più combattivi sembra essere mal digerito.

«Io credo che (il tentativo di pacificare per via giudiziaria, ndr) sia l’input delle multinazionali che, dove è possibile, si faccia valere tutto il peso della presenza economica – commenta Prosperi – Ad esempio, quando ci si trova di fronte alle autorità e si evidenzia come ci siano tutti gli estremi per ritenere che vi sia stata un’intermediazione di manodopera, si fa sempre il conto con il convitato di pietra».
Per Prosperi, le autorità in primis sanno degli illeciti nel sistema della logistica e lo accettano. «Questo può tradursi nel dire all’azienda “dai, dai due soldi a sti poveracci e finiamo con queste azioni di sciopero”, oppure in maniera più importante, che significa: “vai e toglimi sti quattro straccioni da davanti ai cancelli”».

Simile il parere di Floris, secondo cui il merito dei sindacati di base è quello di aver fatto emergere lavoro nero e caporalato, «tutta quella coltre nascosta sotto il tappeto di un certo tipo di sistemi industriali».
Un’attività sindacale di questo tipo, quindi, può dare fastidio e il particolare «accanimento in alcuni distretti industriali, in cui economia, politica, industria sono cose molto vicine – evidenzia il giornalista – potrebbe essere il substrato su cui questo tipo di indagini viene creato».