In scena fino al 6 febbraio “Avremo ancora l’occasione di ballare insieme” di Daria Deflorian e Antonio Tagliavini, liberamente ispirato alla scena centrarle di Gingere e Fred di Federico Fellini, quando un black out mette in pausa l’esibizione dei due anziani ballerini di tip tap Pippo e Amelia, il film diventa occasione per mettere in scena la vita degli artisti, attori/trici, o danzatori/trici, cantanti da balera, per discutere sul prima e sul dopo un disastro di proporzioni inimmaginabili “la grande catastrofe”.

La compagnia ha immaginato un futuro in cui un gruppo di turisti effettua una visita in un polveroso teatro in cui Deflorian/Tagliavini era in prova con lo spettacolo prima de “la grande catastrofe” della primavera 2021, e dove era stato tutto lasciato così com’era al momento del disastro, con i costumi nei camerini, luci e scene montate. Un futuro in cui il vivere la socialità nei teatri è stato completamente distrutto, cancellato, mentre sopravvive il centro commerciale e la balera limitrofa. Avanti e indietro nel tempo si ritorna alle prove di quello spettacolo, a quando ancora ci si chiudeva nelle sale prove e si ricercava faticosamente come produrre lo spettacolo.

Lo spettacolo a cui assistiamo è fatto di pensieri d’artisti che ragionano sul loro fare teatro, sulla loro personale guerra nella sala prove, guerra con se stessi perché una scena non viene e quando si è in teatro si vorrebbe essere fuori, mentre quando sè è altrove non si pensa ad altro che a poter fare teatro e a portare le esperienze che si vivono sulla scena.

Non so se chi non ha mai fatto teatro possa capire il paragone che Daria Deflorian fa tra il lavorare in una sala prove al buio e il lavoro in una miniera. L’agio di un’attrice rispetto a un/una minatrice molti metri sotto terra nudi a spicconare è davvero forte, ma lavorare sempre al buio in sala prove dà l’idea della reclusione e della mancanza d’aria, se si entra la mattina che è buio e si esce pomeriggio tardi d’inverno che è già buio, l’effetto è di una notte perenne ed inquietante. Il minatore non vede l’ora di cambiar mestiere, di fare altro nella vita però, chi fa teatro non credo possa riuscire a fare a meno di quella guerra continua con la sala prove.

Molto toccante il ricordo che Antonio Tagliarini fa di uno spettacolo di Pina Bausch visto in un piccolo teatro con la grande coreografa e regista che con microfono e cuffie faceva la regia in diretta seduta dietro di lui in platea approfittando delle prime repliche della nuova produzione. Artisti e artiste sembrano divinità sul palco, riescono a rendere anche gesti consueti poetici e sublimi, eppure, nella vita reale, sono come tutti e tutte le altre, conferma Tagliarini. La stessa compagnia di danza, vista poco dopo lo spettacolo a cena al ristorante, appariva stanca, sfinita, di gente normale, come tanti lavoratori e lavoratrici dopo il turno, bisgnosi di riposo.

Vita d’artisti/e, sempre in bilico tra il tutto e il nulla, a sognare il successo, la fama, gli applausi, come la giovane attrice della compagnia quando nelle pause rimane da sola sul palco e prova i ringraziamenti, le sue “scene madri”. Poi, quando ci si ritrova senza una scrittura, si finisce a fare altri mestieri, le cameriere o i camerieri spesso, o qualunque altra cosa i propri studi consentano di fare e ognuno/a si domanda “ma sono sempre io anche se faccio altro”?

La domanda che serpeggia per tuttolo spettacolo e che è “avremo ancora l’occasione di ballare assieme?” ovvero, traducendo la vecchia canzone da musical citata, avremo occasione di buttarci nella vita, riusciremo ad avere il coraggio di realizzare i nostri desideri, di passare all’azione dopo aver tanto sognato di compiere quel passo, dopo aver provato e riprovato quella coreografia, quella canzone, quel monologo? saremo capaci di cogliere l’occasione quando si presenterà? Perchè è in agguato la paura, il terrore del pubblico, del giudizio altrui di non essere sufficientemente bravi, a cui si aggiunge la paura di invecchiare e, quella ultima, di non esserci più.

Il black out di Ginger e Fred che sospende l’esibizione dei due grandi ballerini interpretati da Matroianni e Masina nel film di Fellini, crea l’occasione per far entrare aria nella claustrofobica sala prove, come un pic nic, ci si ferma, si parla di sé, delle proprie paure, si smette di mostrarsi invincibili e ci si mostra fragili e gentili. Il black out pandemico ha sospeso le vite di tutti e tutte, ci ha resi/e fragili e, almeno nel primo periodo, gentili e generosi/e, ci ha permesso di confessarci le nostre paure, confrontarci con la nostra finitezza.

Esilarante il momento della rappresentazione di una balera romagnola all’ultimo lento, quello da “spacca mattonella” grazie alla deliziosa Monica Demuru.

Esaminando le fasi di uno spettacolo, la compagnia passa infine ad esaminare il momento dei saluti, qui è protagonista Francesco Alberici che, con leggerezza ede emozione mostra alcune tra le possibili modalità di congedo dal pubblico ricordando grandi interpreti visti in passato e soprattutto rivivendo l’emozione del primo congedo dal pubblico in una produzione teatrale da attore professionista a Santarcangelo.

Lo spettacolo ha momenti di grande divertimento e coinvinvolgimento emotivo specie nella prima parte e sul finale, se pure un paio di punti di caduta e noia nel momento del brancolamento nel buio attorno alla tenda sul fondo. Sicuramente la compagnia ha posto un tema centrale quale il chiederci se ci sarà ancora occasione per ballare insieme, e non sono in senso letterale: di poterci abbracciare e ballare, andare in balera, nelle discoteche (ancora chiuse), ma nel senso di poter avere occasioni di socialità più in generale. Esisteranno ancora i cinema, i teatri, o davvero, dopo la grande catastrofe saranno luoghi abbandonati e mai più ripopolati?

In queste settimane i dati sono contrastanti anche nella nostra città: alcuni spettacoli vedono il tutto esautito, altri sono semideserti, i cinema restano quasi vuoti tutta la settimana.

E ancora, artisti e artiste riusciranno ad essere tutti e tutte ricollocate nel settore di appartenenza, avranno ancora occasione di salire sul palco, o dovranno tornare a fare altro sentendo ancora quella terribile vertigine di non sapere più chi sono?

Lo spettro della disoccupazione aleggia su tante categorie, su migliaia di lavoratori e lavoratrici, ognuno/a vede dietro o davanti a sé una grande catastrofe, non solo gli e le artiste si domandano probabilmente se saranno ancora se stessi/e se faranno altro da quello che desiderano o che hanno sempre fatto, la sconfitta brucia per tutte e tutti e tutti e tutte cerchiamo l’occasione di buttarci nella vita. Il black out, come un grande pic nic della vita, ha fatto entrare aria nelle nostre stanze, ci sono stati momenti di gentilezza, ora è l’incognita. Sta solo a noi scoprire il seguito giorno per giorno.