«Lo Stato non scende a patti con chi minaccia». Mostra la linea della fermezza il ministro degli Interni Matteo Piantedosi dopo gli episodi che hanno riguardato azioni ricondotte al movimento anarchico e collegate direttamente alla situazione di Alfredo Cospito, l’anarchico in regime di 41-bis nel carcere di Sassari e da oltre 100 giorni in sciopero della fame.
Episodi che sono bastati alla stampa per pubblicare titoli che parlavano di minaccia anarchica e terrorismo.

Lo spauracchio anarchico: su cosa si basa l’allarme di questi giorni

Quali sono gli episodi degli ultimi giorni che giustificherebbero gli allarmi di politica e stampa? A Barcellona venerdì alcune persone incappucciate hanno sfondato con barattoli di vernice rossa la vetrata d’ingresso del palazzo che ospita il Consolato generale italiano nella città. Sulla parete esterna appaiono le scritte in catalano «Italia Stato assassino», «Libertà per Cospito» e «Amnistia totale».
Alle 3.00 di sabato mattina a Berlino, invece, due auto vengono date alle fiamme e una è una berlina con targa diplomatica di un funzionario in servizio all’ambasciata italiana.

A Torino, invece, è stato danneggiato un ripetitore, mentre un poliziotto è stato ferito alla testa durante gli scontri alla manifestazione con una sessantina di anarchici a Roma. Nella stessa manifestazione due molotov sono state lanciate a Trastevere nel parcheggio del commissariato Prenestino.
Una lettera di minacce, infine, è stata recapitata al direttore de Il Tirreno.

Gli episodi sono sufficienti per parlare di terrorismo e giustificare gli allarmi e i titoli cubitali? O la famosa “pista anarchica”, che viene evocata a ogni pie’ sospinto da piazza Fontana e la defenestrazione di Giuseppe Pinelli in poi, è un ottimo pretesto per creare capri espiatori?
«Gli anarchici da sempre sono un ottimo capro espiatorio per qualsiasi cosa – afferma ai nostri microfoni Mario Di Vito, giornalista de il Manifesto – È facile dare la colpa agli anarchici perché sono anche l’unico soggetto politico che non riconoscendo alcuna forma di autorità non negano nemmeno la paternità di certe azioni».

Il giornalista si dice preoccupato di ciò che può accadere da parte governativa, visto che l’attuale esecutivo ha già deciso di punire con sei anni di carcere l’organizzazione di una festa (il decreto anti-rave). «Figuriamoci cosa può succedere agli anarchici se dovesse arrivare qualche altra azione», aggiunge Di Vito, che sottolinea come lo spauracchio anarchico sia un grande classico in Italia e oggi vede un ritorno dopo anni di assenza.
L’attentato con bombe carta alla Scuola Carabinieri di Fossano, per cui Cospito è stato condannato, risale infatti al 2006.

Il ruolo dei media nel gonfiare l’allarme

Sono molti i processi in cui gli anarchici sono stati o sono coinvolti, ma analizzando i percorsi processuali e leggendo le sentenze è assai frequente trovare che le gravissime accuse fatte dai pubblici ministeri si sono poi sgonfiate proprio nel corso dei dibattimenti.
«Lo stesso Alfredo Cospito – sottolinea Di Vito – non fu condannato per strage politica, ma il reato è stato riqualificato dalla Cassazione. Il reato di strage politica, di cui è accusato nel procedimento ancora in corso, è il reato più grave del nostro codice penale e non è stati mai usato nemmeno per stragi vere e proprie, come Capaci, Piazza Fontana o la stazione di Bologna».

Né basterebbero i rapporti dei servizi di intelligence sui rischi anarco-insurrezionali, che sono una costante mai tradottasi in rischi concreti. «Date le dimensioni del movimento – evidenzia il giornalista – sono convinto che i servizi conoscano per nome e cognome gli anarchici nel nostro Paese».
Eppure i titoli e i toni utilizzati dalla stampa negli ultimi giorni creano allarme per una minaccia che appare molto grave e concreta.
«Noi come giornalisti dovremmo essere sempre abituati a verificare le nostizia – osserva Di Vito – Non basta la velina di una questura o di un’autorità investigativa per fare un titolo».

La contraddizione in termini al centro del 41-bis

Cospito è detenuto in regime di 41-bis, un dispositivo introdotto dopo le stragi del ’92 per impedire che i boss di Cosa Nostra impartissero ordini dal carcere.
L’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, ha provato inutilmente a spiegare in sede processuale che la natura stessa del movimento anarchico non prevede capi. Anzi, spesso le persone non si conoscono nemmeno personalmente. Il rifiuto della gerarchia, alla base dell’ideologia anarchica, cozza fortemente con i reati associativi per cui il detenuto è finito al 41-bis.

«Sarebbe come dire “il re dei repubblicani” – osserva il giornalista – Mi sembra però che non venga dato grande ascolto all’avvocato e, anzi, le azioni degli ultimi giorni vengono usate a livello di dibattito pubblico per dimostrare che in realtà Cospito è un pericolo sociale e la sua stessa esistenza in vita sia da spinta per gruppi anarchici in giro per il mondo a fare le loro azioni. Mi sembrano valutazioni fuori dalla realtà e assolutamente sproporzionate».

Alla luce di quanto sta accadendo, dunque, è legittimo pensare che lo spauracchio anarchico sia il pretesto nei confronti delle sorti di Cospito, che dopo 102 giorni in sciopero della fame versa in condizioni critiche.
«È un ritorno della linea della fermezza di quando il terrorismo c’era davvero – conclude Di Vito – Storicamente quella linea ha prodotto solo tragedie, da Aldo Moro in poi, quindi secondo me è anche ottusità politica e la cosa triste è che oggi non ci sono nemmeno voci che difenda lo stato di diritto, la proporzionalità della pena, il non accanirsi sulle persone e salvare la vita a una persona che sta morendo in carcere».

ASCOLTA L’INTERVISTA A MARIO DI VITO: