A vent’anni dall’inizio della guerra in Afghanistan con cui gli Stati Uniti reagirono all’attacco alle Twin Towers, il Paese vive una situazione di grande incertezza. Il ritiro dei contingenti internazionali, quello americano in primis, in un Paese per nulla pacificato, con i talebani che proseguono la loro avanzata, getta in allarme la popolazione civile, soprattutto donne e giornalisti.
A raccontare la situazione afghana è, ai nostri microfoni, Barbara Schiavulli, giornalista di Radio Bullets che si trova a Kabul.

Afghanistan, la paura del ritorno dei talebani

«In Afghanistan la situazione è confusa – osserva Schiavulli – Da un lato c’è il ritiro delle truppe americane, che dovrebbe concludersi entro luglio, anticipando la scadenza data da Joe Biden per l’11 settembre, dall’altro c’è una popolazione civile che si domanda cosa accadrà dopo».
In particolare, in diverse zone del Paese si stanno svolgendo combattimenti e la violenza è aumentata. A preoccuparsi sono soprattutto le donne, che temono il ritorno dei talebani.

Una delle ipotesi è che gli stessi talebani entrino a far parte del governo, giungendo a compromessi che a pagare potrebbero essere le donne stesse.
«Soprattutto nelle città – racconta la giornalista – le donne in questi anni si sono conquistate diversi diritti, ci sono donne che guidano, che fanno parte del governo, che gestiscono ristoranti e negozi, che fanno le insegnanti». Soprattutto le generazioni femminili cresciute dopo il 2001 non vogliono tornare alla situazione di segregazione cui erano costrette le donne coi talebani.

Un’altra preoccupazione a proposito di un possibile accordo coi talebani riguarda il rischio che ne approfittino per prendere il potere e rovesciare un governo che hanno sempre ritenuto un fantoccio.
L’unica nota positiva di un possibile loro ritorno riguarda il contrasto alla corruzione, che continua a dilagare nel Paese. I talebani, al contrario, sono vissuti come persone che non si lasciano corrompere e che, per quanto riguarda la giustizia, potrebbero rappresentare un cambiamento.

Un’altra categoria che rischierebbe molto è quella del giornalismo. «In questi anni – racconta Schiavulli – il giornalismo afghano è quello che ha fatto maggiori progressi. C’è un giornalismo maturo e attento e, forse anche per questo, più nel mirino, come testimoniano gli 11 omicidi di giornalisti solo l’anno scorso. Però ci sono, sono coraggiosi e sono forti».
Schiavulli è volata a Kabul per raccontare proprio storie di queste persone.

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