La Fiom di Bologna racconta la storia di due lavoratori della Dismeco di Lama di Reno, reintegrati dal giudice dopo essere stati licenziati per discriminazione sindacale. Ai lavoratori veniva chiesto di cancellarsi dal sindacato per non andare in cassa integrazione. Il segretario Michele Bulgarelli: “La sentenza è un monito anche alla politica e al sistema delle imprese”.

Con ordinanza del 18 dicembre, il giudice del Lavoro ha disposto la reintegrazione sul posto di lavoro dei due lavoratori, Khurram Shezad (26 anni) e Gukfam Shehzada (24 anni), della Dismeco, azienda di Lama di Reno che si occupa di smaltimento e trattamento di rifiuti industriali, che erano stati licenziati lo scorso 12 aprile.
I vertici aziendali avevano licenziato i due lavoratori con la causale del “asserito giustificato motivo oggettivo (o economico)”, ma l’istruttoria, nel corso della quale sono stati ascoltati otto testimoni, ha dimostrato ben altra verità.

In particolare, per la dirigenza dell’azienda il problema era rappresentato dall’iscrizione alla Fiom dei due lavoratori (di cui uno delegato sindacale). Addirittura è emerso che il capo reparto della Dismeco chiedeva ai lavoratori di cancellare la propria iscrizione al sindacato quale condizione per poter essere richiamati al lavoro e non finire in cassa integrazione.
Uno dei due lavoratori è stato poi richiamato al lavoro per un mese dopo aver revocato la propria iscrizione, per poi essere ricollocato in cassa integrazione a seguito di nuova iscrizione alla Cgil.

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“Riteniamo che questa ordinanza sia una vittoria del sindacato e di tutti i lavoratori – commenta il segretario della Fiom di Bologna, Michele Bulgarelli – Si tratta di un provvedimento che è anche un monito per la politica, perché dimostra che il diritto ad essere reintegrati sul posto di lavoro, come previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, è un diritto che attiene innanzitutto alla dignità delle persone”.

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