Il ritorno del gala internazionale di danza al Comunale curato da Daniele Cipriani attrae un pubblico di giovani assetato di danza. Protagoniste les ètoiles dei maggiori teatri del mondo: Tiler Peck e Roman Mejia dal New York city Ballet; Valentine Colasante e Paul Marque dall’Operà national de Paris; Sergio Bernal già del Ballet National de Espana; Silvia Azzoni e Alexandre Ribako e Alessandro Frola dall’Hamburg Ballet John Neumeier; Maia Makhateli dal Het National Ballet di Amsterdam, Bakhtiyar Adamzhan dal Theatre “Astana Opera” in Kazakhstan; Tatiana Melnik dall’Hungarian National Ballet.

La danza, in questo appuntamento ormai annuale con les ètoiles, diventa occasione per le grandi firme della moda per realizzare creazioni uniche da far indossare ai danzatori e alle danzatrici creando pura magia sul palco, riempiendo gli occhi degli spettatori e spettatrici di bellezza che si va ad aggiungere alla magia e alla bellezza data dai corpi danzanti e a quella della musica che sostiene le altre due arti creando l’incanto anche fonico. Sul podio Paolo Paroni, direttore ospite principale del New York City Ballet dal 2014, buon cooscitore quindi delle dinamiche tra orchestra e danzatori, riesce a staccare i tempi più consoni all’esecuzione delle coreografie proposte dalle ètoiles esaltando con i colori orchestrali le atmosfere create dal movimento corporeo e i momenti più acrobatici.

Tra le firme prestigiose che hanno disegnato i costumi per questa edizione del gala ricordiamo Roberto Capucci per lo straodinario pantalone e mantello rosso fiamma con decori dorati indossato dal magnifico Sergio Bernal nel Boléro di Ravel nella seconda parte dello spettacolo, ispirato agli abiti dei toreador, che si adattava perfettamente allo stile flamencato del danzatore che mescola appunto la danza di carattere alla tecnica classica creando un effetto di forza, sensualità, eleganza, energia che esalta il pubblico mandandolo in visibilio sia nel Bolero che in Orgia sulle musiche di Joaquin Turina sempre con sue coreografie.

Efficaci e interessanti anche i costumi di Giorgio Armani per Silvia Azzoni, Alexandre Riabko e Alessandro Flola per Bernstein Dance coreografate da John Neumeier: una gonna lunga e scivolata, grigia con un sopra ocra e viola per Azzoni, giacca e pantaloni grigio per Riabko e un pantalone bianco sul petto nudo per Frola. Gli abiti contemporanei, freschi, morbidi, rendevano l’idea di una vita cittadina, newyorkese aderente alla musica di Bernstein (registrata questa, non eseguita dal vivo). Le coreografie di Neumeier accattivanti, divertenti, gioiose con elementi acrobatici in cui Riabko teneva sospesa Azzoni che sembrava camminare nell’aria o stava perfettamente orizzontale reggendola con una sola mano sotto la schiena come fosse il numero di levitazione di un mago. Decisamente energetico e coinvolgente il duetto FrolaRiabko sulla voce calma e avvolgente di un tenore che interpretava un brano di Bernstein.

Sempre di Neumeier le coreografie anche di Sylvia con cui si è aperto il gala, a danzare sulle musiche di Delibes Silvia Azzoni e Alexandre Riabko che hanno narrato un divertente incontro e i giochi d’amore di una coppia, forse incontratisi per caso nella grande mela, un lasciarsi e rincorrersi continuo che genera interessanti dinamiche con continui cambi ritmici e di direzioni del movimento, scatti e scioglimenti delicati che preludono a nuovi spiritosi scatti e distensioni.

Tra le coreografie contemporanee degna di nota è anche This Bitter Earth, un pas de deux coreografato dal britannico Christopher Peter Wheeldon, Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico dal 2016 per “servizi volti a promuovere gli interessi e la reputazione della danza classica e teatrale britannica in tutto il mondo”. A danzare sulle musiche rimixate di Clyde Otis e Max Richter conla voce di Dinah Washington, Roman Mejia e Tler Peck del New York City Ballet con indosso creazioni di Valentino Garavani tra l’azzurro tenue e grigio perla che sembravano interpretare le parole della cantante che ripetevano “la mia vita è come la polvere”. Belli gli intrecci tipetuti di mani tra i due danzatori e i momenti di abbandono di Tler su Mejia a consolazione forse di una vita amara che può essere così fedda, come recita il canto, in cui tuttavia qualcuno, forse il corpo dell’altro danzatore, può rispondere alla chiamata e dare senso all’esistenza.

Sono stati riproposti poi i due pas de deux da il Lago dei cigni di Cajkovskij: quell del Cigno Bianco con coreografie di Nureyev e il Cigno Nero con le coreografie di Petipa e i costumi, anch’essi già visti lo scorso anno per Les ètoiles, di Capucci. A danzare il primo e più lirico passo a due Valentine Colasante e Paul Marque dall’Operà Natiolna de Paris, per il cigno nero invece hanno danzato Alessandro Frola e Maia Makhateli (lui dal Hamburg Ballet John Neumeier e lei dal Het National Ballet di Amsterdam) che hanno esaltato il pubblico nelle sorprendenti esecuzioni delle variazioni finali.

Su brani del repertorio tradizionale anche un pad se deux dal III atto del Don Chisciotte su coreografie di Petipa e musica di Minkus danzato da Bakhtiyar Adamzhan (dal Theatre “Astana Opera“) e ancora la delicatissima e aerea Maia Makhateli che indossava uno stupendo tutù rosso con ricami neri. Applausi continui per le incredibili prese del danzatore che issa con un solo braccio in alto la danzatrice in posa acrobatica, o le sospensioni mozzafiato di Maia su una sola punta in arabesque, come anche le diagonali con perfetti Grand Jeté di Adamzhan o gli interminabili fouette di Maia.

Non posiamo non citare anche l’interpretazione delicata e dolce di Roman Mejia e Tiler Peck del Tschaikovsky pas de deux con coreografie di Balanchine e musiche, ovviamente, di Caikovskij di cui restano nella mente i meravigliosi lanci quasi a testa in giù della danzatrice che terminano con una presa sorprendente da parte del collega che danno il senso di una fiducia cieca e totale nei due professionisti l’uno nell’altro per realizzare questi momenti incredibili di bellezza frutto di anni e anni di allenamento, di tecnica, di sacrifici a beneficio della creazione artistica e del puro godimento estetico da parte dell’pubblico.

Questi spettacoli di danza fanno bene alla città perchè fanno crescere anche in chi vi assiste la fiducia in se stessi, non tanto di poter arrivare a tali vette artistiche e tecniche, ma perchè si comprende come credendo nelle proprie capacità, qualunque esse siano, produce, dopo tanti sforzi e prove, qualcosa di emozionante. Nulla riesce senza studio, passione e dedizione. Qualunque passione si abbia, va coltivata qualunque sia l’esito. Vedere le stelle danzare deve far crescere dentro ogni spettatore o spettatrice, di qualunque età e codizione, il desiderio di lavorare sui propri talenti. Poi, immancabilmente, assistere ai galà sollecita anche il desiderio di muoversi, di danzare, qualunque stile, qualunque tipo di danza a qualunque livello ed è bene che si pratichi la danza anche come pura gioia, perchè praticarla, come guardarla, fa bene all’anima.

L’appuntamento con Les etoiles è per marzo 2024 a Roma, ha annunciato il curatore della serata Cipriani, sempre nel segno dell’armonia, della solidarietà tra le nazioni considerando che gli e le artiste arrivano da tutto il mondo e che gli scambi tra artisti di compagnie e nazionalità differenti portano anche a un gemellaggio tra Paesi nel segno della pace e fratellanza.