Sono cominciate ieri e proseguiranno fino a domani, 12 dicembre, le elezioni presidenziali in Egitto. Si tratta di una consultazione che Giuseppe Acconcia, giornalista e docente di Geopolitica del Medio-Oriente all’Università di Padova, non esita a definire «farsa».
Il presidente Abdel Fattah Al Sisi, infatti, si avvia con ogni probabilità verso il terzo mandato, reso possibile da un referendum costituzionale del 2019, e ciò che è accaduto in campagna elettorale e all’apertura delle urne lascia pensare che non ci saranno sorprese.
Le elezioni presidenziali in Egitto: una farsa per la riconferma di Al Sisi
Spionaggio, ostacoli e arresti per impedire la candidatura alle elezioni presidenziali da parte di esponenti dell’opposizione. Sono questi gli ingredienti riportati dallo stesso Acconcia con cui il presidente uscente Al Sisi ha preparato la sua riconferma per il terzo mandato.
Gli altri candidati, Hazed Omar, Farid Zahran, Abdel-Sanad Yamama, «fanno parte della galassia di chi sostiene Al Sisi – sottolinea il docente – Quindi saranno ben felici di concedere la vittoria, probabilmente con oltre il 97% dei voti come successo nel 2014».
Anche durante queste ore, in cui le urne sono aperte, vi sono elementi che portano a pensare che Al Sisi otterrà una riconferma. «Fino a questo momento le notizie sono di una bassa affluenza alle urne, come nelle ultime tornate elettorali che hanno confermato Al Sisi – riporta Acconcia – Ci sono notizie di pacchi di olio, farina e riso che vengono dati agli elettori per spingerli ad andare a votare, così come notizie di forniture elettriche che funzionano al 100%, mentre normalmente ci sono blackout in alcune città del Paese per la mancanza di energia e di gas che dovrebbero arrivare da Israele».
Proprio il conflitto tra Israele e Hamas è stato al centro della campagna elettorale di Al Sisi. Il presidente egiziano ha opposto il rifiuto allo sfollamento dei palestinesi intrappolati a Gaza verso il Sinai. «Ciò ha comportato anche la chiusura del valico di Rafah e non ha permesso ai feriti e ai profughi palestinesi di arrivare in Egitto», evidenzia il docente.
Le posizioni di Al Sisi paiono aver galvanizzato molto gli egiziani, che hanno un sentimento anti-Hamas molto forte, al punto da smorzare quelle che in passato invece erano grandi manifestazioni in Egitto a favore della Palestina.
Il Paese, nel frattempo, sta vivendo una profonda crisi economica, dovuta all’inflazione galoppante, alla crisi valutaria, alla mancanza di liquidità. Le conseguenze sono un aumento della disoccupazione e la richiesta di un prestito di 3 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale, che arriverà solamente se ci saranno tagli alla spesa pubblica.
«A tutto ciò Al Sisi reagisce con opere faraoniche – osserva Acconcia – Sappiamo che in corso c’è la realizzazione della capitale satellite nel deserto per un valore di 58 miliardi di dollari, oppure l’estensione del canale di Suez. Un approccio che presenta l’esercito come modernizzatore rappresenta una facciata che si vuole mostrare come moderna e aperta al cambiamento, mentre il Paese è in profonda crisi economica».
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