Forse il mare non restituirà tutti i corpi delle persone annegate ieri nel naufragio al largo di Crotone, l’ennesima strage di migranti nel Mediterraneo. Le vittime accertate finora sono 62, mentre sono 80 le persone salvate. Secondo le testimonianze di alcuni superstiti, sull’imbarcazione potevano esserci 250 persone, per cui il bilancio definitivo potrebbe attestarsi a 170 morti.

La politica, ora, unanimemente esprime cordoglio, si sprecano nuovamente i «mai più» pronunciati già dopo la strage di Lampedusa del 2013, e la stessa premier Giorgia Meloni ha detto di provare «profondo dolore». Si tratta tuttavia di autentiche lacrime di coccodrillo, come testimonia la premura che la stessa Meloni ha messo nel chiedere che la tragedia non venga utilizzata politicamente e come certifica la soluzione promessa dalla stessa maggioranza: un impossibile blocco delle partenze.

Il naufragio di Crotone e la strage nel Mediterraneo sono conseguenza delle politiche europee

«La strage non è frutto di una fatalità, non è l’unica e purtroppo non sarà l’ultima – osserva ai nostri microfoni Nazzarena Zorzella, avvocata dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi) – È la conseguenza inevitabile e consapevole delle politiche che sia l’Italia che l’Europa da anni ormai mettono in atto nei confronti del fenomeno migratorio».
In particolare è la politica dell’esternalizzazione delle frontiere, perseguita da ormai vent’anni, a produrre tragedie di questo tipo, perché si illude di poter respingere le migrazioni di persone che scappano da guerra, fame o torture.

«Il tema è come le politiche italiane ed europee impediscano l’ingresso regolare – sottolinea l’esponente di Asgi – Le parole d’ordine che stanno uscendo dal governo sullo fermare le partenze sono già un errore di fondo, perché fermare le partenze significa consegnare le persone che hanno bisogno di fuggire dai loro Paesi ai loro aguzzini o ad altre gravissime violazioni dei diritti umani».
L’avvocata sottolinea che tra i morti dell’ultimo naufragio ci sono molte persone provenienti dall’Afghanistan, dall’Iran o dall’Iraq, scenari in cui le violazioni dei diritti umani sono acclarate.

La soluzione più facile e veloce per impedire le stragi è far entrare regolarmente, con dei visti, queste persone, sottraendole così ai trafficanti e ai rischi di morte nelle rotte marittime così come in quelle terrestri.
«Ci troviamo di fronte ad una grandissima ipocrisia – afferma Zorzella – ma io parlo anche di responsabilità colpevole delle istituzioni». L’avvocata sottolinea, ad esempio, che in Italia da ormai dieci anni ci sono pochissimi decreti flussi che aprano possibilità di ingressi regolari nel nostro Paese. E se la necessità delle persone è quella di scappare dai propri Paesi, ciò avverrà comunque anche senza canali di ingresso legali.

L’ulteriore ostacolo: i paletti ai soccorsi e le responsabilità di Frontex

Ad aggravare il quadro nato dalle politiche europee ed italiane sul tema delle migrazioni è l’ultima legge del governo Meloni, il cosiddetto Decreto Ong fortemente voluto dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi.
In particolare, il decreto impone alle ong di effettuare un solo salvataggio, a fronte dei salvataggi multipli che fino a pochi mesi fa venivano operati, e ripartire verso un porto assegnato, che in queste settimane si è rivelato essere un porto molto distante, come quello di Ravenna o altri del nord e centro Italia.
Anche in questo caso, dunque, il governo non può fingere ora di stupirsi se, sottraendo ai soccorsi le possibilità che intervengano le poche navi delle ong, si verificano tragedie.

Quanto al naufragio e alla strage di Crotone, Zorzella punta il dito anche contro Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere. «Frontex aveva già visto la situazione di pericolo di naufragio 24 ore prima che la nave si spezzasse e che facesse tutti questi morti – sottolinea l’avvocata – Perché non è stato attivato effettivamente il soccorso».
Così come sembra essere smentita la versione della Guardia di Finanza, secondo cui i soccorsi sono effettivamente partiti, ma le condizioni avverse del mare avrebbero indotto a ritornare al porto. «L’impossibilità di effettuare il salvataggio è stata smentita da persone, anche ex esponenenti della polizia, che nel corso degli anni hanno effettuato dei salvataggi anche con il mare a forza 8».

«Perché non è stato fatto? Perché non è stato lanciato l’allarme per effettuare il soccorso?», sono gli interrogativi che Zorzella pone, sostenendo che ci sono delle precise responsabilità che dovranno essere accertate dalla magistratura.
«Non si può parlare di fatalità ogni volta», conclude l’esponente di Asgi.

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