Domenica 26 febbraio in tutta Italia rispunteranno i gazebo del Partito Democratico per le primarie che dovranno designare il segretario che succederà ad Enrico Letta. Il compito che la nuova guida del Pd dovrà tentare non è facile: la forza politica versa in una crisi aperta ufficialmente dalle elezioni dello scorso autunno e incancrenita dai risultati delle regionali in Lombardia e Lazio.
Il voto degli iscritti ha delineato una gara tutta emiliana, tra il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e la sua ex-vicepresidente e attuale deputata, Elly Schlein.

Il Pd alla prova delle primarie: chi vincerà tra Bonaccini e Schlein?

Se si tiene conto del risultato dei circoli, Bonaccini ha gioco facile con il 52,87% dei consensi, mentre Schlein insegue a debita distanza con il 34,88%. Anche qualora i consensi dei cuperliani, pari al 7,96% degli iscritti, dovessero andare a sostenere la deputata, mancherebbero ancora più di 10 punti per riaprire la gara.
Le primarie, però, non riguardano solo gli iscritti del Pd. Tutti i cittadini possono recarsi a votare, purché dichiarino di «riconoscersi nella proposta politica del Partito Democratico, di sostenerlo alle elezioni e accettino di essere registrati nell’Albo pubblico delle elettrici e degli elettori».
L’affluenza dei non iscritti, quindi, è un elemento da misurare per capire quanto possa essere ribaltato il risultato dei circoli.

Il presidente dell’Emilia-Romagna ha condotto una campagna elettorale puntando sull’esperienza, vantando meriti come amministratore della Regione e non rinunciando a qualche frecciata di renziana memoria, corrente di cui ha fatto parte quando l’attuale leader di Italia Viva era segretario del Pd. Il lessico di Bonaccini, infatti, ha evocato tra le righe la “rottamazione” renziana, sostenendo di voler cambiare completamente la classe dirigente del partito che ha registrato solo sconfitte.
In una campagna per le primarie dai toni pacati e rispettosi, negli ultimi giorni Bonaccini ha aggiunto un pizzico di pepe sostenendo che tutti gli attuali dirigenti o quasi hanno dichiarato il sostegno a Schlein.

Primarie
L’infografica di YouTrend

Un’analisi di YouTrend sconfessa quanto sostenuto da Bonaccini. Prendendo in considerazione gli endorsement degli attuali parlamentari del Pd, si scopre che il governatore dell’Emilia-Romagna ha l’appoggio del 43% di deputati e senatori, mentre Schlein è riuscita ad incontrare il favore del 30% dei suoi colleghi. Una quota consistente, ben il 27%, dei parlamentari del Pd non si è esposta pubblicamente per uno dei due candidati.
Se si prendessero per buone le semplificazioni attorno a Bonaccini, considerato più “riformista”, e Schlein, indicata come più “progressista”, il voto degli iscritti e l’endorsement dei parlamentari restituirebbero un Pd conservatore.

È proprio a YouTrend, in particolare a uno dei suoi fondatori, Davide Policastro, che abbiamo chiesto quali sono le prospettive per le primarie del Pd.
«Sono primarie strane perché a dispetto di tutte le altre sono passate in sordina – afferma Policastro ai nostri microfoni – Nei circoli ha votato il 20% in meno rispetto a quando è diventato segretario Nicola Zingaretti, ma non hanno entusiasmato nemmeno la popolazione, quindi ci si aspetta un’affluenza bassa».

Proprio la mancanza di entusiasmo, per l’analista di YouTrend, è ciò che certifica la profonda crisi che il Pd sta attraversando. «Uno dei classici trend fin dal 2006, già prima che nascesse il Pd – osserva Policastro – era che le primarie diventavano il centro del dibattito politico per settimana e questo si rifletteva anche in una crescita del Pd. Tutto ciò a questo giro non si è verificato».
Il nuovo segretario o la nuova segretaria, quindi, dovranno dare una risposta alla crisi che, posizionamenti politici a parte, secondo Policastro riguarda la classe dirigente del partito. «Mi sembra che ci siano dei problemi, non tanto per capacità o competenze – conclude l’analista – ma dovrebbero smettere di farsi la guerra e giocare di squadra, aiutando il Pd in un percorso che non durerà giorni settimane o mesi, ma anni per tornare ad avere un certo tipo di credibilità».

ASCOLTA L’INTERVISTA A DAVIDE POLICASTRO: