Mentre l’attenzione dei media di tutto il mondo è centrata sull’invasione russa dell’Ucraina, a Ginevra l’Ipcc – Intergovernamental Panel on Climate Change, massima autorità scientifica mondiale in ambito climatico – lancia l’ennesimo, disperato grido d’allarme. La notizia è quella della pubblicazione del sesto Assestment Report, la summa di tutta la ricerca mondiale nel campo del riscaldamento globale. La prima parte di questa rapporto, dedicata alle basi scientifiche del problema, era stata rilasciata ad Agosto, ed aveva subito occupato le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Mancavano allora pochi mesi a Cop26, il grande negoziato Onu sul contrasto al riscaldamento globale, e la speranza di molti era che quella pubblicazione alzasse il livello dell’ambizione nei negoziati.

Cambiamento climatico: le Nazioni Unite parlano di «schiacciante fallimento dei leader mondiali»

Oggi, con il prossimo round negoziale ancora lontano e gli occhi del mondo puntati su Kiev, l’arrivo della seconda parte di questo report ha ricevuto molte meno attenzioni. Eppure questo secondo tomo è quello che più da vicino riguarda la vita delle persone, perché si occupa degli effetti della crisi climatica. Nelle 3675 pagine di rapporto gli scienziati delle Nazioni Unite snocciolano dati e scenari inquietanti. Con un aumento della temperatura terrestre di 1.5°C rispetto ai livelli preindustriali – oggi siamo a più 1.1°C – il 18% dei cittadini europei patirà scarsità idrica. Un numero che si concentra nell’aea mediterranea, la nostra. E la soglia degli 1.5°C è di gran lunga la più ottimistica: con un aumento di 2°C, soglia sotto la quale tutti i governi mondiali si sono impegnati a rimanere, un europeo su due avrebbe problemi di scarsità idrica. Arrivando a 3°C, lo scenario più probabile con le politiche attuali, rischieremmo di vedere quasi metà del suolo italiano desertificato. «[Questo documento] è una raccolta della sofferenza umana e un atto d’accusa schiacciante per il fallimento dei leader nell’affrontare i cambiamenti climatici» ha detto il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Gutteres «I colpevoli sono i più grandi inquinatori del mondo, che incendiano la sola casa che abbiamo».

«Nel report si vede chiaramente che alle nostre latitudini saremo molto colpiti dalla siccità, accompagnata dall’altra faccia della medaglia che sono le precipitazioni estreme. Poi l’Italia è un paese costiero, quindi avremo il problema dell’innalzamento del livello dei mari. E dobbiamo guardare anche al di là dei nostri confini: assieme agli effeti diretti subiremo effetti indiretti. Penso alle migrazioni di origine in parte climatica che ci stanno arrivando dalla fascia del Sahel». A parlare è Antonello Pasini, fisico dell’atmosfera al Cnr e divulgatore scientifico.

Le azioni di contrasto al riscaldamento globale si dividono in due categorie: la mitigazione, cioè l’azzeramento progressivo delle emissioni di gas serra volta a limitare l’aumento della temperatura, e l’adattamento, cioè tutti quegli interventi che hanno lo scopo di rendere città, campagne, infrastrutture più resistenti ai danni della crisi climatica. I governi spesso preferiscono agire su questo secondo aspetto. «Ma l’adattamento ha dei limiti» ci dice Pasini «se noi non riduciamo le emissioni ad un certo punto ci troveremo di fronte a danni tali che sarà impossibile adattarci, potremo solo subire. Se l’acqua del mare aumenta di un metro e mezzo è chiaro che non c’è Mose di Venezia che tenga, per fare un esempio».

Dopo un 2021 ricco di notizie sul fronte del contrasto al riscaldamento globale – da Cop26 alla sfilza di target climatici annunciati da tutte le nazioni – la guerra in Europa sembra non solo aver messo in secondo piano il tema sulle agende politiche e mediatiche, ma anche aver portato l’Occidente ad alcuni passi indietro. E’ di questi giorni la notizia che l’Italia, paese che si era impegnato ad abbandonare definitivamente il carbone – il più climalterante dei fossili – entro il 2025, sta pensando di riaprire addirittura alcune centrali dismesse per far fronte alla mancanza di gas russo. «Ma si può agire in maniera diversa! Il gotha delle aziende elettriche italiane ha chiesto di autorizzare 60GW di nuove rinnovabili per diminuire il 20% delle nostre importazioni di gas, e questa cifra rappresenta solo un terzo delle richieste di autorizzazioni di nuovi impianti rinnovabili che giacciono nei cassetti del Ministero. Ecco, una strada migliore c’è».

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANTONELLO PASINI:

Lorenzo Tecleme