Sono già arrivati a 82 i giorni di sciopero della fame di Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Sassari. Nonostante la sua determinazione e tenuta, è chiaro che il suo fisico sta subendo delle ripercussioni da questa forma estrema di protesta contro un dispositivo che per la prima volta è stato applicato a una persona che non è detenuta per reati di tipo mafioso.
Ieri Cospito ha ricevuto la visita del Garante nazionale dei detenuti e il suo avvocato difensore, Flavio Rossi Albertini, riconosce all’assistito il merito di aver aperto il dibattito sul 41 bis.

Per salvare la vita ad Alfredo Cospito e revocare il 41 bis ci sono due possibilità

Attorno al sostegno ad Alfredo Cospito e alla sua battaglia, a Bologna si è scatenata la polemica politica per la firma della vicesindaca Emily Clancy all’appello sostenuto dall’ex senatore dem e presidente dell’associazione “A Buon Diritto” Luigi Manconi. La destra ha attaccato Clancy, chiedendo di revocare le sue deleghe. Un’ipotesi respinta fermamente dal sindaco Matteo Lepore, che ha difeso la sua vicesindaca, aggiungendo che la firma all’appello è stata un’iniziativa personale nell’alveo della libertà di espressione e che non è abituato a punire i propri assessori per “eccesso di umanità”.

Chi vede nella pena carceraria una funzione costituzionalmente sancita di rieducazione e non una vendetta, al contrario, reputa che vi sia un eccesso di crudeltà nell’aver comminato a Cospito il 41 bis per reati che non hanno provocato la morte di nessuno.
In ogni caso la sua situazione rimane grave e le vie d’uscita per salvare la vita dell’anarchico sono complicate, come osserva ai nostri microfoni lo stesso Manconi.
Proprio ieri, l’ex senatore ha inviato a Il Riformista una lettera in cui individua due possibili strade da intraprendere prima che la protesta estrema dello sciopero della fame porti il detenuto a soccombere.

«La prima strada – osserva Manconi – sarebbe l’accoglimento, seppur tardivo, da parte del ministro della Giustizia Carlo Nordio, dell’istanza di revoca, presentata dai legali dell’anarchico». Una strada complicata dal fatto che il comma che dava al ministro questa possibilità è stato abrogato. Alcune sentenze della Cassazione, però, ritengono ci sia per la pubblica amministrazione un principio di revoca in autotutela.
«Quindi il ministro dovrebbe revocare una misura che attualmente limita la sua possibilità di agire – sottolinea Manconi – Ma se ci fosse la volontà di andare incontro alla situazione davvero molto critica di Cospito, si potrebbe fare».

L’altra strada indicata dal presidente di “A Buon Diritto” chiama in causa la Corte di Cassazione che, «considerate le condizioni mediche di Cospito, potrebbe anticipare quanto più possibile l’esame del ricorso, inoltrato dalla difesa, contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma di rigetto del reclamo, volto a ottenere l’applicazione del regime di alta sorveglianza in luogo di quello del 41 bis», sottolinea Manconi.
Non c’è spazio, invece, per un intervento del presidente della Repubblica, sia perché la condanna di Cospito non è ancora definitiva, sia perché per la grazia è necessaria la richiesta del condannato stesso.

Ai nostri microfoni, però, Manconi commenta anche il giustizialismo che sembra contraddistinguere il dibattito italiano, al punto che mettere in discussione il 41 bis, cioè il cosiddetto carcere duro, rappresenta ancora un tabù.
E c’è un rischio che preoccupa il promotore dell’appello per Cospito: che questo circoli e venga sostenuto solo in ambienti di sinistra, in particolare radicale, già persuasi dell’opposizione al 41 bis e non raggiunga, invece, altri segmenti della cittadinanza.

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