La morte di Lorenzo Parelli, lo studente della provincia di Udine morto a 18 anni schiacciato da una putrella d’acciaio mentre stava effettuando l’alternanza scuola lavoro, ha creato grande indignazione. Da più parti si è alzata la voce contro questa forma di stage, introdotta nel 2015 dalla cosiddetta “Buona scuola”, la riforma del governo Renzi.
Nel weekend si sono tenute anche alcune manifestazioni, come quella a Firenze sotto la sede di Confindustria o quella a Roma, duramente repressa dalla polizia. Ma ne è nato anche un appello, lanciato da Christian Raimo e Salvatore Cannavò.

Alternanza scuola lavoro: un appello ne chiede l’abolizione

L’appello si intitola “Aboliamo ogni forma di alternanza scuola-lavoro” ed è sottoscrivibile mandando una mail a noscuolalavoro@gmail.com.
«La morte di Lorenzo Parelli non può non avere conseguenze – si legge nell’appello – È avvenuta in un momento in cui il sistema scolastico si è dimostrato chiaramente inadeguato ai bisogni elementari di istruzione. La pandemia ha aperto un vaso di Pandora nerissimo: aule insufficienti e fatiscenti, personale ridotto all’osso, programmi inadeguati, apertura alla società inesistente a eccezione del canale-lavoro-azienda; eppure una costante e pervasiva campagna ideologica ha continuato negli ultimi anni a contrabbandare l’alternanza scuola-lavoro come un’occasione di sviluppo, di crescita, di innovazione».

Nell’appello si ricorda anche che l’alternanza scuola-lavoro è normata in modo diversificato a seconda degli istituti superiori: «nei licei sono stati inaugurati i cosiddetti Pcto – Percorsi per le competenze trasversali e orientamento – mentre nei professionali l’alternanza è rimasta anche nella dicitura». In ogni caso, i promotori dell’appello sottolineano la «bassa o nulla qualità formativa e la mancanza di formazione sulla cultura del lavoro di queste esperienze tra lavoro e scuola. In alcuni casi il tirocinio si trasforma in vero e proprio lavoro gratuito, quindi in una forma di sfruttamento. Sono spesso le aziende che utilizzano in modo strumentale i Pcto e l’alternanza scuola-lavoro, quando cercando manopera giovane, a basso costo, senza diritti sindacali».

«L’appello è nato quasi come reazione istintiva alla notizia della morte di Lorenzo – racconta ai nostri microfoni Cannavò – Personalmente conta anche il fatto che ho due figli di quell’età e vanno a scuola». Eppure, uno dei due promotori dell’appello ha sempre pensato che l’alternanza scuola lavoro fosse innaturale e contraddittoria con la funzione stessa della scuola, che è quella educativa e pedagogica. «Senza quella certificazione – ricorda Cannavò – non si può accedere alla maturità».
I promotori sostengono che a scuola possono esserci momenti di apertura al mondo del lavoro, ma dovrebbero essere integrati all’interno del percorso formativo e con un coinvolgimento dei docenti.

Se si vuole mostrare a studenti e studentesse come funziona il mondo del lavoro, secondo Cannavò occorrerebbe mostrare tutto il processo produttivo, dalla progettazione alla strategia aziendale. Invece durante gli stage dell’alternanza scuola lavoro «si trasmettono saperi e competenze molto semplici e molto banali». Una ragione in più per cui, se mandi un figlio a scuola, non puoi trovartelo morto schiacciato da una putrella.
«Purtroppo a livello di massa sta passando l’idea – continua Cannavò – che tu debba lavorare durante la scuola così ti avvantaggi nel mercato del lavoro. Una competizione al ribasso che sta segnando la nostra concessione del lavoro stesso. Oltrettutto in uno scenario dove la disoccupazione giovanile è superiore al 30% da anni, per cui dovrebbero entrare in un mercato del lavoro che non ha posto per loro».

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