Dal Cile al Nicaragua fino alla Colombia, ma anche a Cuba. Le proteste che hanno incendiato l’America Latina dalla fine del 2019 ad oggi si sono sviluppate in Paesi con governi diversi, ma hanno una matrice comune: il malfunzionamento di una forma di democrazia, quella neoliberale. Le difficoltà economiche di ampi settori della popolazione e la mancata rappresentanza politica delle masse sono tratti che accomunano le manifestazioni in diversi contesti.
Di questo si è parlato durante uno degli appuntamenti del Festival di Internazionale a Ferrara.

Le proteste contro i limiti della democrazia neoliberale

«Dal 2019 in America Latina c’è stata un’esplosione sociale in contemporanea in diversi Paesi – osserva ai nostri microfoni Arturo Wallace, giornalista nicaraguegno della Bbc Mundo – ognuna con le sue particolarità nazionali, ma con il riflesso di condizioni strutturali che sono comuni, come un’economia che non funziona per tutti e un sistema politico che rappresenta bene la cittadinanza».
La pandemia, del resto, non ha certo migliorato le condizioni sociali e la stanchezza per il sistema democratico per come viene esercitato ha portato molta gente a ritenere che non fosse più funzionale.

«Per fortuna – sottolinea Wallace – in America Latina ciò non vuol dire che la gente pensi ad un’altra cosa che non sia la democrazia, ma dice che così com’è interpretata adesso non funziona, non rappresenta l’interesse della maggioranza, ma soltanto quello di una elite».
Alle proteste i governi e le autorità hanno risposto in modo diverso, chi accettando percorsi democratici di cambiamento, chi mostrando il pugno di ferro della repressione.

Le proteste contesto per contesto

Le proteste cilene sono quelle che forse hanno ottenuto più risultati. La mobilitazione popolare ha costretto il presidente Sebastián Piñera ad accettare un percorso che portasse ad una revisione della Costituzione del dittatore fascista Augusto Pinochet ancora in vigore nel Paese. Inizialmente, però, i cileni e le cilene sono scesi nelle strade per gli effetti delle politiche liberiste, come l’aumento dei costi dei trasporti e dei farmici, la privatizzazione dell’istruzione e gli stipendi fermi al palo.
In Cile non è mancata la repressione, ma la destra al governo ha capito che, data la portata delle mobilitazioni, doveva tentare la strada del dialogo.

Diversa la situazione in Nicaragua, dove la repressione ha assunto forme pesantissime e, osserva Wallace, «oggi non c’è più uno spazio democratico per tentare di perseguire il cambiamento che la gente chiedeva».
Secondo il giornalista della Bbc, sul Nicaragua c’è un grosso equivoco. «Tanta gente continua a pensare che ci sia un governo di sinistra, ma non è vero – afferma Wallace – Per tantissimo tempo è stato il miglior studente del fondo monetario internazionale, che ha attuato delle politiche economiche strettamente neoliberali, però con un discorso politico da sinistra».

Il Perù, invece, ha vissuto una crisi politica che trae le sue origini da lontano, ma che è sfociata con le elezioni che hanno visto l’affermazione di Pedro Castillo, leader comunista del partito Perù Libero, in un contesto in cui comunque le istanze progressiste troveranno grossi ostacoli.
Infine la Colombia che, osserva il giornalista, «sta imparando a vivere in pace e che la protesta sociale è un’espressione legittima dei diritti democratici». Anche in Colombia, però, ci sono delle forze importanti che resistono al cambiamento e non si sa ancora che sbocco avrà la situazione. Qualcosa di più forse si capirà con le elezioni del maggio 2022.

Il ruolo dei giovani nelle mobilitazioni

Importante è la componente giovanile delle proteste, che le ha contraddistinte ed ha garantito loro una non trascurabile forza. «Da un lato è sempre stato così, sono i giovani che fanno le rivoluzioni – osserva Wallace – ma in America Latina ci sono elementi ulteriori. Questa generazione non si lascia più condizionare dalla criminalizzazione delle proteste, dalle retoriche secondo cui se manifesti destabilizzi il Paese o favorisci i gruppi più radicali». In particolare, secondo il giornalista l’attuale generazione di giovani in America Latina ha superato i traumi della dittatura o di forme di repressione autoritarie ed ha trovato il coraggio di scendere in strada.
Un ulteriore elemento riguarda le nuove tecnologie, i social network, che vengono maneggiati con più abilità, permettendo di rendere più spontanea la partecipazione alle proteste, senza il bisogno di avere la leadership di partiti o altre organizzazioni.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ARTURO WALLACE: