Era lo scorso 15 agosto quando i talebani, dopo un’avanzata rapidissima, presero il controllo di Kabul tornando al potere in Afghanistan. A due mesi di distanza la situazione sociale ed economica è piuttosto grave e il vertice straordinario dei G20 ha deliberato alcune misure, come fondi economici e la richiesta di una missione dell’Onu.
Barbara Schiavulli, giornalista di Radio Bullets, è appena rientrata dall’Afghanistan dove è stata un mese per testimoniare la situazione. Ai nostri microfoni racconta quello che ha visto.

In Afghanistan è crisi sociale ed economica

«La situazione è piuttosto grave – racconta Schiavulli – sia dal punto di vista sociale, dove ormai le donne sono chiuse in casa, le si vede solo al mercato mentre prima lavoravano, facevano politica ed erano attive, sia dal punto di vista economico, in parte perché le donne non lavorano più, ma anche perché è aumentata la disoccupazione, non c’è più circolazione di denaro, i fondi degli aiuti umanitari sono stati bloccati».
Oltre a ciò, ci sono 550mila sfollati interni al Paese e l’Onu ha calcolato che nel 2022 il 97% degli afghani vivrà al di sotto della soglia di povertà, con un milione di bambini che lotteranno per sopravvivere alla fame.

La migrazione interna non è dettata solo da motivazioni politiche o da persecuzioni. Spesso è la crisi economica a portare le persone ad abbandonare le proprie case in contesti rurali e riversarsi sulle grandi città, come la capitale Kabul. «Non essendoci più commercio, non circolando più denaro, le persone stanno vendendo mobili, tappeti e tutto ciò che hanno per pagare i trafficanti ed uscire dal Paese», racconta la giornalista.

L’impegno dal vertice dei G20

Proprio ieri si è raggiunto un accordo all’interno del vertice straordinario del G20 dedicato all’Afghanistan. Tra i punti stabiliti per affrontare l’emergenza umanitaria nel Paese c’è la promessa di fondi, in particolare un miliardo stanziato dall’Unione europea e 300 milioni dagli Stati Uniti.
Al termine dell’incontro il premier italiano Mario Draghi è tornato anche sulla questione dei corridoi umanitari. «Le Nazioni Unite stanno cercando di ottenere dal governo dei talebani, dal governo afghano, di organizzare dei corridoi umanitari», ha riferito Draghi.
Infine il G20 ha manifestato la volontà di «affrontare l’emergenza umanitaria in modo unificato attraverso un mandato alle Nazioni Unite, di tipo generale, per il coordinamento della risposta e per agire anche direttamente».

«Intanto i soldi promessi vanno dati – commenta Schiavulli – La cosa importante è capire come, perché non possono passare attraverso i talebani dal momento che significherebbe riconoscere un governo che non tutela i diritti di metà della popolazione. Bisognerà quindi attivare e nutrire di più le organizzazioni presenti in loco e chiedere che altre entrino per aiutare la popolazione».
Schiavulli evidenzia anche la necessità di togliere alcune delle sanzioni internazionali, quelle che colpiscono di più la popolazione e di continuare a dialogare coi talebani, ma facendo pressioni per il rispetto dei diritti umani di base.

Quanto ai corridoi umanitari, la giornalista riferisce che ci sono ancora tante persone che erano nelle liste precedenti di collaboratori dell’Occidente che non sono riuscite ad uscire dal Paese. «Poi ce ne sono tante altre che non erano nelle liste, ma che necessitano di uscire perché sono in pericolo di vita – sottolinea Schiavulli – Non si tratta di gente che vuole uscire, si tratta di gente che non vuole morire».

Lo stato d’animo della popolazione

La giornalista di Radio Bullets ha parlato con molte persone durante la sua permanenza in Afghanistan e ha raccolto anche il loro stato d’animo.
«Nelle campagne la situazione non è cambiata molto rispetto a prima – osserva Schiavulli – ma se si parla con le donne di città, quelle che erano attive, ora vivono nascoste sperando che qualcosa succeda».
La presa del potere dei talebani e la legge da loro imposta ha anche un forte impatto psicologico. «Immaginatevi una ragazza di vent’anni, che dai dodici non può più andare a scuola e che non può uscire con le amiche. Queste ragazze sono depresse e i genitori si sentono abbandonati dalla comunità internazionale».

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