In scena a Bologna un testo di Thomas Middleton , drammaturgo contemporaneo di Shakespeare che ambienta The Revenger’s Tragedy in una corte italiana come emblema di un altrove lontano dalla Londra elisabettiana, un luogo profondamente corrotto a ragione anche della profonda adesione del potere al cattolicesimo, religione che per la protestante Inghilterra rappresentava l’idea stessa della corruzione e dell’ipocrsia.

Il regista inglese Donnelan, già maestro nelle regie shakesperariane, con questa sua interpretazione della Tragedia del vendicatore, realizza la sua prima produzione per il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa in coproduzione con ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, utilizzando il testo secentesco come fosse un copione contemporaneo, mostrando tutte le perfette sovrapposizioni tra le situazioni immaginate da Middleton tanti secoli fa, con le vicende a noi cotemporanee di corruzione della morale e di mercificazione dei valori.

Colpisce il brio della regia sostenuta dai ballabili tormentoni musicali composti da Gianluca Misti  e la semplice bellezza delle scenografie di Nick Ormerod che utilizza una parete di porte scorrevoli per far apparire fondali con proiezioni di splendidi quadri del rinascimento italiano, giardini o vetrate dipinte di cattedrali.

In abiti contemporanei ballano in passerella da avanspettacolo i cortigiani presentando fin dal primo loro apparire le personalità, i caratteri dei diversi personaggi tra cui il Duca in pose lubriche, la Duchessa come vamp in stile anni ’20 insieme ai figli Supervacuo e Ambizioso e i figliastri Lussurioso, Junior e Spurio.

  Ogni personaggio porta un nome “parlante” che ne definisce il ruolo e il comportamento a cominciare da Vindice, colui che tira le fila dell’azione per vendicarsi dell’amata morta, uccisa col veleno dal Duca che voleva sedurla.

La vendetta è il motore dell’azione che travolge uno dopo l’altro tutti i personaggi arrivando a copiosi spargimenti di sangue raccontati tra il comico e l’horrorifico anche con l’uso di videocamere a mano che seguono l’azione di ciascun delitto al contempo ridicolizzando i personaggi che compiono gli omicidi per ottenere potere e denaro e insieme avvicinando la rappresentazione teatrale della violenza a quella realistica delle serie tv, con schizzi di sangue e insistenza dei coltelli nelle viscere delle vittime.

Il compiersi dei delitti diviene motivo di divertimento per il pubblico arrivando a suscitare risate per i futili motivi che li originano e per le modalità con cui vengono compiuti, la comincità alleggerisce e sdrammatizza la drammaticità della trama arrivando in seconda battuta a prendere in giro tutte quelle pompose serie tv con sulle saghe dei Borgia o d’altre gloriose famiglie rinascimentali dentro le quali si sono consumti atroci delitti per il potere.

Il gioco diventa la cifra stilistica dello spettacolo, gli attori si divertono a interpretare i personaggi loro affidati esaltando di ognuno, attraverso sguardi e atteggiamenti, la profonda corruzione e vacuità.

Eccellono tra tutti, in una formidabile compagnia, Ivan Alovisio nei panni di Lussurioso e Graziana – Pia Lanciotti in quelli della Duchessa. Unico neo della compagnia invece la giovane Marta Malvestiti insopportile come Castizia per l’incapacità di trovare una credibilità del suo personaggio nella gestualità, specie nelle prime scene.

Lo spettacolo risulta davvero una strepitosa commistione di follia omicida originata dalla sete di potere e vendetta e di gioioso divertimento che aiuta tutti noi italiani a scuoterci di dosso con una risata, almeno qui a teatro, fuori dalle aule giudiziarie, le squallide reali vicende di madri che istigano le figlie a vendersi a danarosi Duchi contemporanei, di giovani donne che volentieri hanno rinunciato a casti valori per ville, appartamenti o per un posto in una trasmissione tv, e di squallidi politici che hanno usato il potere tuttaltro che per il bene comune, quanto piuttosto per il proprio personale sollazzo con quelle giovani  carni.

Tutto è detto chiaramente, senza paludamenti, in un testo del 1606 che sembra scritto oggi e ci appaga all’uscita catarticamente, come se avessimo potuto vendicarci noi stessi dei delitti commessi dai nostri contemporanei potenti corrotti, senza tuttavia perdere i nostri valori e soprattutto la nostra vita nella vendetta, come invece capita nella finzione scenica a Vindice, a sua volta vittima della catena di delitti e ormai reo e non più paladino di virtù.

In scena fino al 13 gennaio all’Arena del Sole, da non perdere!