Se la situazione dei profughi bloccati sotto la neve a Lipa, in Bosnia, sta creando molta indignazione, una situazione simile si registra anche dentro i confini italiani, in particolare sul confine nord-occidentale tra Italia e Francia.
Medu – Medici per i Diritti Umani, infatti, denuncia la situazione che vivono centinaia di migranti che cercano di varcare il confine nonostante la frontiera militarizzata, i costanti respingimenti e le violenze che le forze dell’ordine continuano a compiere. Circostanze che spingono i migranti a cercare percorsi in mezzo alla neve, rischiando costantemente l’ipotermia e la morte.

Valsusa, l’appello di Medu

Tra settembre e dicembre, a Oulx, in Alta Val di Susa, sono transitate oltre 4.700 persone, nella maggior parte dei casi provenienti dall’Afghanistan, dall’Iran, dall’Algeria e in minima percentuale dalla rotta del Mediterraneo centrale. L’intento di queste persone è quello di varcare il confine tra Italia e Francia.
«Tra di essi ci sono molte famiglie con bambini – scrive Medu in un report – Arrivano in condizioni fisiche e psicologiche estremamente precarie a causa della durezza del viaggio e delle violenze subite, in particolar modo lungo la rotta balcanica».

La neve e le temperature rigide della stagione invernale rendono particolarmente rischioso l’attraversamento della montagna, sia per la possibilità di perdersi o di essere travolti da valanghe, sia il rischio di ipotermia, e i salvataggi in quota sono quotidiani. A complicare tutto c’è la crescente militarizzazione della frontiera francese, che obbliga coloro che tentano l’attraversamento a scegliere percorsi più lunghi e pericolosi, aumentando il rischio di incidenti. «A ciò si aggiungono l’aumento dei controlli – continua l’organizzazione – i frequenti episodi di intimidazione e criminalizzazione dei soccorritori e la prassi della polizia di frontiera di respingere i migranti in modo sistematico senza permettere loro di presentare domanda di asilo, di richiedere protezione in quanto minori o di accedere a un soccorso medico».

Come se non bastasse, la situazione è resa ancor più complicata dalla mancanza di una risposta sanitaria adeguata, dall’affollamento dei luoghi d’accoglienza informali e dalle temperature rigide. Nonostante ciò, le istituzioni italiane e quelle francesi sono si sono fatte carico della questione, lasciando ad attivisti e volontari l’onere di assistere le migliaia di persone che transitano.
«Le istituzioni avrebbero potuto gestire la cosa con minori costi e maggiore umanità – osserva ai nostri microfoni Piero Gorza, antropologo e referente di Medu per il Piemonte – ma non l’hanno fatto. C’è un ritardo spaventoso, però secondo me programmato, che trova concretezza nel locale, ma è il risultato di politiche europee».

Per questi motivi, Medu avanza richieste in cinque punti. In particolare si chiede la massima collaborazione tra volontari, associazioni ed istituzioni nel predisporre con urgenza un piano di accoglienza rispettoso dei diritti umani delle persone in cammino e dei loro bisogni sanitari in una situazione di gravissima emergenza; il potenziamento delle strutture di accoglienza a bassa soglia esistenti e l’apertura del rifugio Fraternità Massi-Talità Kum di Oulx 24 ore su 24; di non sgomberare la casa autogestita, che costringerebbe molte persone a restare in strada la notte; l’allestimento di un presidio medico accessibile a tutti, indipendentemente dallo status giuridico; un’informazione puntuale sia riguardo i pericoli derivanti dall’attraversamento della frontiera e la richiesta di soccorso sia in merito all’accesso alla protezione internazionale.

ASCOLTA L’INTERVISTA A PIERO GORZA: