Tra il 25 e il 26 aprile di quest’anno, mentre i riflettori di tutto il mondo sono puntati sulla regione ucraina del Donbass dove si sta concentrando l’offensiva russa, le agenzie internazionali battono una notizia curiosa e inquietante. In Transnistria, repubblica secessionista formalmente parte della Moldavia, si stanno moltiplicando alcuni incidenti sospetti. Ordigni anonimi che nessuno rivendica fanno saltare in area tratti della rete elettrica e danneggiano edifici governativi, fortunatamente senza morti né feriti. Fatti di per sé preoccupanti in una regione di mondo che vive da decenni in una condizione più che precaria – indipendente de facto, riconosciuta da nessuno – e resi ancora più delicati dal conflitto russo-ucraino. La Transnistria confina infatti con l’Ucraina, e la capitale Tiraspol dista solo un’ora di macchina dalla città strategica di Odessa, uno dei probabili obiettivi dell’esercito di Mosca dall’inizio della guerra.

Dalla guerra in Ucraina alla Transnistria: un nuovo fronte?

In poche ore le congetture si scatenano. C’è chi teme quelle esplosioni siano false flag russe, pretesti per annettere la Transnistria – regione russofona, protetta già ora da soldati russi e che deve il suo braccio di ferro con la Moldavia, cui formalmente appartiene, proprio alla sua differenza etnica col resto del paese. Dall’altro lato si lanciano accuse opposte, si insinua il dubbio che sia l’Occidente a voler usare questa piccola striscia di terra come testa di ponte anti-russa. Di certo c’è che in quei due giorni la tensione è altissima. Sergej Lavrov, Ministro degli esteri di Putin, si dice «fortemente preoccupato», mentre l’Ucraina annuncia che, se necessario, è pronta a «prendere la Transnistria in poche ore».

Il mezzo milione scarso di abitanti si ritrova così catapultato al centro di una contesa geopolitica che riguarda non solo la potenza protettrice, la Russia, e il paese d’appartenenza, la Moldavia, ma anche l’Ucraina, la Romania, l’Europa e gli Stati Uniti d’America. Un intreccio geopolitico impossibile da sbrogliare senza fare un passo indietro e guardare alla storia di questa terra contesa. Alla Transnistria è dedicato il quarto episodio de La Prossima Guerra, il il podcast di Radio Città Fujiko sui conflitti dimenticati e quelli che ancora devono scoppiare. In studio ad aiutarci Luigi de Biase, giornalista de il manifesto ed esperto di Russia.

«Nel breve periodo la questione potrà anche essere evitata. Ma la Transnistria giocherò un ruolo, prima o poi, in questo grande conflitto»

La Transnistria è un angolo di mondo peculiare. Ultimo paese ad usare la falce e martello nella bandiera (ma anche le insegne russe sono diffuse), repubblica di fatto indipendente ma riconosciuta solo da altri due staterelli filo-russi senza riconoscimento internazionale – Ossezia del Sud e Abcasia – deve la sua origine al difficile processo di dissoluzione dell’Unione Sovietica.

«Inquadriamo prima di tutto questo territorio» ci dice Luigi de Biase. «Fa formalmente parte della Moldavia, è una striscia di terra larga 20 chilometri ad est del fiume Dnistro. Il capoluogo, Tiraspol, sta a a metà tra Odessa e la capitale moldava Chişinău. Le origini politiche risalgono all’inizio degli anni ’90. In quel periodo la Moldavia da il via ad una serie di misure per allontanarsi dall’esperienza sovietica: abbandona i caratteri cirillici, limita l’utilizzo del russo, sembra persino possibile un ricongiungimento con la Romania – il paese culturalmente più vicino. In Transnistria, però vivono moltissimi cittadini di etnia e lingua russa. Si apre un conflitto, che termina solo nel ’94 con l’intervento dell’esercito russo – molto più potente di quello moldavo sostenuto dalla Romania. Da allora la Transnistria dichiara un’indipendenza riconosciuta da nessun paese delle Nazioni Unite, nemmeno la Russia, e vive una vita sospesa. Si può entrare, tutto funziona, ma per il resto gli scambi con l’esterno sono pochi e poco ufficiali».

«La cosa curiosa è che in quella guerra assieme ai combattenti transnistri combattono anche molti volontari ucraini» ci racconta de Biase. «Logica vorrebbe che siano contrari a quest’operazione indipendentista, ma in quel caso vedono uno scontro etnico tra una popolazione di etnia slava (transnistri, russi) e una di etnia romeno-moldava, e si identificano con i primi. Gli stessi battaglioni nazionalisti ucraini che allora combattono assieme ai russi pochi anni dopo si scontreranno contro Mosca sia in Cecenia sia, più avanti e anche ora, nel Donbass».

Parlaci un po’ di come funziona questo piccolo stato, chiediamo. «La Transnistria è fondamentalmente una dittatura. Lo stesso generale russo Lebed’ – uno dei comandanti che guidò le truppe di Mosca contro la Moldavia in quel conflitto – non esitò a definire i leader transnistri come banditi e corrotti. L’entità più importante non è un’istituzione pubblica, ma un’azienda: la Sheriff, un agglomerato industriale che controlla sostanzialmente tutta l’economia del paese. Visitare la Transnistria è un’esperienza peculiare: ci sono i servizi tipici di qualunque paese europeo, dalle banche agli uffici ai bar, ma tutto sembra catapultato dall’era sovietica- anche esteticamente. Non mancano situazioni curiose. Nella capitale Tiraspol c’è una stazione ferroviaria bella, nuova, pulitissima – ma non ci passa nessun treno. Si può entrare, c’è anche il personale nella biglietteria, ma non transita nessun convoglio. Un altro aneddoto celebre riguarda la moneta. La Transnistria ha avuto a lungo problemi nel coniare cartamoneta. Per un po’ si appoggiarono alla Polonia, ma la Moldavia si lamentò, ci furono diversi sequestri anche in Ucraina, e la Transnistria si trovò senza soldi disponibili. In attesa di aprire una propria zecca, Tiraspol inizio a produrre monete di plastica con dentro un chip».

Ascolta il terzo episodio del podcast: La terza guerra mondiale scoppierà in Cina?

Dopo gli incidenti del 25 e 26 aprile sembra essere tornata la calma nella zona. Ma quanto è plausibile il riaccendersi delle conflittualità? «È una prospettiva storica» ci risponde de Biase. «Nel breve periodo, forse, la questione potrà anche essere evitata. Ma siamo di fronte ad un territorio abitato da russi, con passaporto russo, che guarda alla Russia. Lo stesso presidente, Krasnosel’skij, ha sempre detto che vede di buon occhio l’annessione alla Russia. Sappiamo che le vere mire di Mosca vanno oltre le provincie di Donetsk e di Lugansk, ma guardano all’intera sponda del Mar Nero. È una strategia a lungo termine. Indubbiamente quella parte di mondo sarà sempre interessata da tensioni militari. La guerra in Ucraina lanciata da Putin è un’accelerazione, ma fa parte di un processo che va avanti da secoli e durerà, presumibilmente, per secoli».

Insomma, possiamo dire che ciò che avviene oggi in Ucraina potrebbe replicarsi domani in Transnistria, fatte le debite differenze? «Sì. La Transnistria giocherò un ruolo, prima o poi, in questo grande conflitto».

ASCOLTA IL QUARTO EPISODIO DE LA PROSSIMA GUERRA CON LUIGI DE BIASE:

Lorenzo Tecleme