«Se il partito poteva ficcare le mani nel passato e dire di questo o quell’avvenimento che non era mai accaduto, ciò non era forse ancora più terribile della tortura o della morte? […] E se tutti quanti accettavano la menzogna imposta dal partito, se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera. “Chi controlla il passato” diceva lo slogan del Partito “controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato»
George Orwell, 1984.

L’attacco all’Ucraina da parte della Russia ha lasciato la maggior parte di noi sgomentǝ e impreparatǝ sulle motivazioni e sulla concreta possibilità, oggi nel 2022, di una guerra nel continente europeo. Si parla di rischio di una “terza guerra mondiale”, anche se numerose terze, quarte e quinte guerre mondiali si sono scatenate fuori dall’Europa e, spesso con buone responsabilità del vecchio continente, fin dal secondo dopoguerra in altre aree del mondo. Forse potremmo essere più attentә e parlare di rischio di una “terza guerra di portata mondiale nel territorio europeo”, un conflitto che sembra voler affondare le sue radici e trovare le sue cause nel Novecento. Sì, lo strumento della guerra ci appartiene ancora, la barbarie fa ancora parte di noi.

Le politiche della memoria di Putin: come lo Stato ha operato nel campo della storia

Come più volte è stato detto, un’Ucraina democratica rappresenta una grande paura di Putin: la dimostrazione che una Russia diversa, più democratica e quindi senza Putin è possibile. E, oltre alle motivazioni di natura politica, geopolitica ed energetica, alla base di questa guerra vi è una fonte di legittimazione sulla quale è importante soffermarsi: la rivendicazione da parte di Putin di un’identità nazionale tra Russia e Ucraina. Putin e i suoi sostenitori ritengono pertanto giusta questa aggressione militare, che definiscono “operazione speciale”, al fine di ripristinare gli equilibri territoriali e la coesione della Russia imperiale, precedenti al sorgere dell’URSS. Putin ha affermato che l’Ucraina non è «un paese confinante» ma una «una parte integrante» dello «spazio spirituale» della Russia.

Di quella che possiamo definire “operazione speciale di manipolazione della storia” da parte di Putin, Vanloon ha parlato con la professoressa Antonella Salomoni, docente di Storia contemporanea dell’Università della Calabria, di Storia della shoah e dei genocidi all’Università di Bologna e studiosa di Russia contemporanea. Potete ascoltare l’intervista in calce all’articolo.
L’ “operazione speciale” cioè la guerra contro l’Ucraina, si fonda su alcune considerazioni storiche di Putin, ben spiegate in La Russia e l’Ucraina secondo Putin di Marco Puleri e Vanessa Voisin:

1) l’identità delle nazioni russa e ucraina, che implica la sola legittimità quindi della statualità russa (imperiale);
2) «l’affermazione reiterata di un grande piano anti-russo degli Stati Uniti» che permette a Putin di omettere il Memorandum di Budapest del dicembre 1994, con il quale la Russia ha riconosciuto i confini dell’Ucraina «in cambio della sua restituzione dell’armamento nucleare sovietico ancora conservato sul suo territorio»;
3) la riduzione di quella che fu la repubblica sovietica ucraina a costrutto artificiale di Lenin. In un lungo intervento del 21 febbraio, Putin fa continui riferimenti alle fonti e agli archivi in cui sono conservate le prove delle responsabilità di Lenin, dei bolscevichi e poi del Partito comunista russo di aver dato corpo alla “fantasia” leniniana dell’Ucraina e quindi alla dissoluzione della Russia storica.

Putin si comporta da nuovo architetto della “restaurazione”, senza scomodare troppo facili e scivolosi parallelismi storici di cui tuttǝ sembriamo un po’ preda negli ultimi giorni, nel tentativo comprensibile a volte di tenere sotto controllo l’orrore e l’incertezza in cui siamo piombatǝ. Ad ogni modo, l’obiettivo sembra proprio quello concreto di restaurare un ordine precedente a quello che sarebbe l’errore storico dell’URSS. Il bambino (Lenin) e l’acqua sporca (Ucraina).
Secondo lo stesso principio, cioè che la nazione abbia più valore e importanza dello stato (interpretazione suggerita in modo troppo sbrigativo da importanti storici di riferimento per la storia moderna e contemporanea europea), perché Putin allora non rivendica anche gli Stati Baltici, la Polonia e altri stati indipendenti che prima erano aree appartenenti alla Russia imperiale? Possiamo rispondere: non ancora?

Il rapporto di Putin con la storia e con la memoria della Russia e dell’Unione Sovietica quindi è un elemento centrale del suo potere e del consenso. E la guerra in Ucraina sembra un chiaro strumento, della sua personalità narcisista patologica, per ricavarsi un sostanzioso capitolo nei libri di storia.
Un lungo processo di legittimazione ideologica e storica interna dell’establishment politico russo è stato avviato a partire dei primi anni Duemila, proprio con l’insediamento al potere di Vladimir Putin. Da allora ha preso corpo un piano di controllo su chi lavora in modo alternativo rispetto agli obiettivi e orizzonti dei governi putiniani e delle voci del dissenso che ha raggiunto il culmine con l’uccisione di avversari politici e giornalisti negli ultimi anni, la messa fuori legge di numerose organizzazioni civili, comprese quelle per i diritti umani e per i diritti dei ceceni, la censura e l’arresto di artistǝ e musicistǝ e infine la chiusura dei media indipendenti, proprio in questi giorni immediatamente successivi all’attacco, tra i quali Meduza. Come ci racconta ai nostri microfoni la storica Antonella Salomini, tutto questo è stato possibile attraverso il varo della Duma di leggi – le più recenti approvate in questi giorni con procedure d’urgenza – contro quello che viene definito il “discredito” delle forze armate russe, le fake news, gli “agenti stranieri” (“stranieri” perché in quanto organizzazioni e media non governativi si fondano su donazioni non statali).

Le stesse leggi che hanno investito con la censura l’informazione, rappresentano lo strumento del progetto di revisione vero e proprio della storia della Russia moderna e dell’Unione Sovietica e hanno colpito con la chiusura e la requisizione di tutti i materiali, ad esempio, il Memorial, un progetto di ricerca e di archivio, nato durante la Perestrojka, che aveva lo scopo di far emergere e conservare la storia della repressione durante il periodo sovietico, in particolare staliniano; poi il Centro Andrej Sacharov che ha svolto un lavoro storico fondamentale per scavare e costruire archivi cartacei e sonori. «A quanto pare, al Presidente piace solo tenere conferenze sulla storia, non impararne le lezioni», ha scritto il periodico Meduza, lo scorso 24 febbraio 2022.
Il futuro dell’Ucraina e dell’Europa si trova, ora più che mai, nel suo passato.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANTONELLA SALOMONI:

Alessia Masini