Che cos’è veramente la sovranità alimentare? Il tema, ignorato fino a pochi giorni fa, è balzato improvvisamente negli argomenti di discussione dopo la trasformazione del Ministero delle Politiche agricole in Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare del governo Meloni. Un cambio di nomenclatura che ha suscitato diverse reazioni, tra l’ironia social di molti, tra cui Laura Boldrini che si domanda se verrà messo fuori legge l’ananas, e la risposta di altri, che sottolineano da un lato come un analogo dicastero esista già in Francia e dall’altro come in realtà la sovranità alimentare sia una bandiera di sinistra, almeno dai tempi del movimento No global.
La sovranità alimentare non è protezionismo: ce lo spiega un contadino
Pierpaolo Lazzarini è un contadino di Campi Aperti, l’associazione che nel nome specifica subito di essere nata per la sovranità alimentare. Assieme ad altre realtà di produttori agricoli, dà vita alla Rete per la Sovranità Alimentare, che sabato scorso figurava tra gli organizzatori di “Convergere per insorgere“.
«In realtà il concetto di “sovranità alimentare” circola già da una trentina d’anni ed è abbastanza definito – osserva Lanzarini ai nostri microfoni – Nasce in Sudamerica, all’interno di movimenti che poi sono confluiti nella Via Campesina, come un concetto che affermava il diritto delle comunità di autodeterminarsi dal punto di vista della produzione e consumo degli alimenti».
Il concetto di sovranità alimentare, dunque, nasce cercando di mettere in discussione tutti i processi estrattivisti legati all’agricoltura industriale che di fatto privano le comunità locali della possibilità di decidere cosa coltivare e cosa mangiare imponendo, attraverso gli strumenti commerciali e finanziari, produzioni destinate alla grande industria di trasformazione e alla grande distribuzione organizzata.
«Il concetto è stato declinato ancora meglio nel 2007, al Forum africano di Sélingué, in Mali, dove è stata prodotta la Dichiarazione di Nyéléni – continua l’agricoltore – dove sono entrati concetti che riguardano anche i diritti dei lavoratori e il diritto a un salario equo e giusto».
Le forme protezionistiche in cui la destra vuole declinare la sovranità alimentare, dunque, non hanno nulla a che vedere con la definizione. Anzi, vanno proprio nella direzione contraria perché favoriscono determinati percorsi e processi di filiere volte alla valorizzazione dei marchi di qualità nazionali e alla loro imposizione sui mercati.
«Nella prima uscita pubblica di Meloni al congresso della Coldiretti – sottolinea Lazzarini – è emersa la loro idea, che si basa sul fermare l’ingresso di materie prime dall’estero e favorire la penetrazione dei prodotti made in Italy in altri Paesi. È una cosa assolutamente illogica perché se tu imponi dei dazi, poi gli altri rispondono con altri dazi».
Tuttavia l’agricoltore non teme che l’appropriazione da parte della destra del concetto di sovranità alimentare rappresenti un problema. Al contrario, fino ad ora se il concetto è sopravvissuto non è certo grazie ad interventi istituzionali. Quindi, in sostanza, la destra non potrà fare troppi danni.
Al contrario, visto il clamore mediatico generato dalla questione, per i sostenitori della sovranità alimentare correttamente intesa c’è l’occasione di riaprire il dibattito e sensibilizzare ancora di più la cittadinanza sul gesto politico di fare la spesa.
E una prima occasione c’è proprio il prossimo 30 ottobre, quando Campi Aperti festeggerà il proprio compleanno alla Tettoia Nervi a Bologna.
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