Anche al giovedì non possiamo fare a meno della rubrica che ci avvicina al contest musicale più importante d’Europa: oggi Eddy Anselmi ci parla di Israele, e di come prenderà parte alla prima semifinale dell’Eurovision, in programma il 18 maggio.

Eurovision Song Contest: Israele

La giovanissima Eden porta sul palco di Rotterdam il pezzo “Set me free”, un testo in inglese su tonalità decisamente pop e, come gli ultimi brani che abbiamo avuto modo di conoscere, caratterizzata da un tema amoroso. Non era questa la canzone che le permise di vincere la selezione dell’HaKokhav HaBa L’Eurovizion nel 2020: era “Fekir libi”, pezzo in diverse lingue, tra cui l’amarico, contraddistivo della sua etnia, quella degli ebrei di origine etiope.

Classe 2000, di Gerusalemme, Eden Alina è, infatti, nata da genitori emigrati dalla nazione africana, e il pezzo che avrebbe dovuto portare all’Eurovision dell’anno scorso, costava anche di frasi in arabo, ebraico e inglese, lingue ufficiali dell’Etiopia. Il pezzo di quest’edizione ha vinto una selezione riservata esclusivamente alle sue canzoni, imponendosi su nove pezzi in totale, e prevalendo nella finale contro “La la love” e “Ue la la”. Quello che verrà cantato all’Ahoy Arena sarà un pezzo con meno tratti recanti la sua etnia, con poche frasi in ebraico, ma siamo sicuri che la performance e la presenza di Eden riusciranno a colmare l’assenza del suo brano principe.

Si è fatta conoscere al grande pubblico con la sua partecipazione alla versione israeliana di X-Factor, nel 2017, dove riuscì a raggiungere la finale e a vincere. Dopo il successo nelle selezioni all’Eurovision nel 2020 punta a un altro grande colpo: vincendo la kermesse europea diventerebbe la quinta rappresentante a trionfare per Israele, già iridato nel 1978, nel ’79, nel ’98 e, più recentemente, nel 2018.

Suoni di gallinaccio e #MeToo: “Toy” di Netta

Israele era tornata sul gradino più alto del podio all’Eurovision con “Toy” di Netta, canzone che portava i temi del #metoo e che si impose nell’edizione del ’18 tenutasi all’Altice Arena di Lisbona. Pezzo esuberante a causa della contaminazione tra sonorità coreane e mediterranee, riporta un suono che ricorda quello di un gallinaccio e che, alle selezioni israeliani, era prodotto con una Drum Machine: le regole della competizione non le permisero di riprodurlo con quel metodo, e allora la sua realizzazione in live fu effettuata dai coristi, e il risultato fu comunque eccellente.

Tutto ciò infatti, insieme ai temi portati dall’artista di Hod HaSharon fu fondamentale per riportare l’Eurovision sulle spiagge di Tel Aviv, a più di vent’anni di distanza dall’ultima ospitata nella “terra promessa”, in un’edizione che vide l’Italia protagonista, con il secondo posto ottenuto da Mahmood e dalla sua “Soldi”.

Luca Meneghini

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