Il Comune di Bologna ha “raccolto le tante domande che i cittadini hanno rivolto all’amministrazione e deciso di aprire una pagina dedicata per pubblicare dati e informazioni utili a rispondere ai quesiti più frequenti”. Articolo 33, promotore del referendum, contesta i contenuti della pagina: “non vengono pubblicati i dati scomodi all’Amministrazione, come i bambini rimasti esclusi”.
Per rispondere alle tante domande rivolte dai cittadini all’Amministrazione sul tema delle materne, oggetto del referendum del prossimo 26 maggio, Palazzo D’Accursio ha deciso di pubblicare una pagina sul proprio sito internet. La pagina, consultabile all’indirizzo http://www.comune.bologna.it/news/come-fatta-la-scuola-dell-infanzia-bologna, contiene una serie di informazioni che testimoniano l’investimento di Bologna sul tema della scuola.
Ciò che la pagina non dice, però, è il problema generato all’interno del sistema pubblico-privato sostenuto dal sindaco e dal fronte del B. Al punto che alcuni esponenti di Articolo 33, promotore del referendum, parlano di disinformazione.
“I dati contenuti sulla pagina web – spiega il referendario Maurizio Cecconi – sembrano voler dire che Bologna è all’avanguardia, non ci sono problemi e quello presente è il miglior sistema possibile”. Il progetto comunicativo alla base dell’iniziativa, dunque, non sarebbe tanto fornire dati il più possibile oggettivi per fare informazione sul tema, ma l’ennesima occasione di propaganda di parte, fatta utilizzando uno strumento istituzionale come il sito del Comune di Bologna.
La tesi, secondo Cecconi, è avvalorata dai dati che mancano. “Guarda caso non viene ricordato il numero di bambini rimasti esclusi dalla scuola pubblica – osserva l’attivista – che quest’anno sono stati 423. E non viene pubblicato nemmeno l’entità del finanziamento di cui le materne private hanno beneficiato dal 1994 ad oggi”.
A mancare all’appello è anche il dato sull’efficacia dei finanziamenti per il sistema scolastico bolognese. A tal proposito Articolo 33, nei giorni scorsi, ha diffuso un dato, elaborato da un docente di statistica, piuttosto emblematico. Nel 1994, ovvero prima che fossero introdotti i finanziamenti, il numero di bambini che si rivolgevano alle scuole private erano 1666, pari al 24,3% del totale. Nel 2012, ultimo anno disponibile, i bambini sono 1726, cioè il 22,3%. In altre parole, il servizio offerto dalle materne private è calato di due punti percentuali da quando è stato introdotto il finanziamento. Non solo: in termini assoluti, dato il boom demografico, rispetto a 18 anni fa sono solo 60 i bambini in più che si rivolgono alle private.
“Questo vuol dire – commenta Cecconi – che il Comune di Bologna dà un milione di euro alle private per accogliere appena 60 bambini”.
L’esponente di Articolo 33 punta il dito anche contro un’altra iniziativa partita da Palazzo D’Accursio. Nella lettera inviata ai cittadini per comunicare il seggio di riferimento, il sindaco ha tenuto a precisare che non verranno allestiti seggi nelle scuole per non interrompere questo importante servizio.
“Il retropensiero di Merola è che invece i referendari siano contenti di non fare andare a scuola i bambini – ironizza Cecconi – ma quel che è peggio è che il sindaco continua a sostenere che la scuola materna sia un servizio, quando invece è un diritti garantito dalla Costituzione”.
Intanto, mentre la stampa ipotizza che a difesa della giunta possano intervenire Matteo Renzi o Romano Prodi, Articolo 33 ottiene l’appoggio sicuro di nuove personalità, come Gino e Cecilia Strada, Corrado Augias, Michele Serra, Riccardo Scamarcio, Neri Marcorè, Amanda Sandrelli, Freak Antoni e anche Andrea Mingardi, che nel passato mandato è stato consigliere comunale del Pd proprio a Bologna.