Alle 18.30 di domani, mercoledì 1 febbraio, in via Zamboni 38 a Bologna, Extinction Rebellion, Bologna for Climate Justice e Cua incontreranno attiviste e attivisti di ritorno da Lützerath, in Germania, teatro nelle settimane scorse di una battaglia contro il progetto di allargamento della miniera di lignite, una forma di carbone, che prevede di radere al suolo interi villaggi.
La miniera di Lützerath è diventata l’emblema dell’ipocrisia europea e dei suoi impegni per la transizione energetica e contro i cambiamenti climatici.

La battaglia contro l’allargamento della miniera di Lützerath

«L’incontro di domani – spiega ai nostri microfoni Marco Palma di Bologna for Climate Justice – sarà l’occasione per farci raccontare cosa facevano attiviste e attivisti, come hanno tentato di difendere il villaggio e rallentare e bloccare l’espansione della miniera, qual è stata la reazione delle forze di polizia».
In altre parole, si cercherà anche di capire perché tante ragazze e ragazzi si sono messi in gioco e soprattutto cosa questa battaglia può insegnare per le lotte ambientaliste nella nostra città.

Tutto nasce da un progetto della multinazionale Rwe, che vuole aumentare l’estrazione di lignite, una forma molto inquinante di carbone, di Lützerath. Il villaggio, infatti, è situato vicino alle due più grosse miniere del mondo, Garzweiler e Hambach. Per allargarela miniera, però, il progetto prevede di radere al suolo un villaggio dove vivevano circa 100 persone, che negli anni sono state fatte traslocare.
A mettere i bastoni fra le ruote della multinazionale, però, qualche settimana fa sono state attiviste e attivisti per il clima, che hanno occupato il villaggio allo scopo di rallentare e bloccare l’allargamento.

Di fronte ad una mobilitazione che ha richiamato realtà ambientaliste da tutta Europa, le autorità tedesche hanno deciso di usare la forza e a metà gennaio è iniziato lo sgombero che ha coinvolto anche Greta Thunberg, immortalata in scatti che hanno fatto il giro del mondo in cui viene portata via di peso dalla polizia.
L’incontro bolognese con alcune attiviste e attivisti è l’occasione per analizzare le pratiche e gli strumenti utilizzati in quella battaglia.

I cambiamenti climatici e l’ipocrisia europea: Lützerath è diventata un emblema

Tra le tante battaglie ecologiste contro i cambiamenti climatici che costellano il pianeta, perché quella attorno alla miniera di carbone di Lützerath ha richiamato così tanta attenzione?
«Per molte ragioni – osserva Palma – La prima è che si tratta di una miniera di lignite, quindi di carbone, la fonte fossile peggiore che l’Europa e la Germania in primis hanno dichiarato di voler abbandonare. Non dimentichiamo che l’Europa negli anni scorsi ha presentato il Green Deal con cui dice di voler fare una transizione accelerata e la Germania vanta di essere all’avanguardia sulle fonti rinnovabili, poi però per gli interessi di una multinazionale permette di allargare una miniera con l’abbattimento di interi villaggi».

Oltre alla contraddizione delle istituzioni, però, la battaglia è stata importante perché attiviste e attivisti hanno mostrato di poter cercare pratiche nuove di opposizione e resistenza, facendo di quella miniera un simbolo non solo della difesa del territorio, ma più in generale dell’opposizione al continuare ad utilizzare fonti fossili invece di investire nello sviluppo delle energie rinnovabili.
Infine, aggiunge l’attivista, «questa vicenda ha messo ancora in evidenza la grande crisi di chi entra nelle istituzioni dicendo di voler cambiare il sistema e poi si mette al servizio di quel sistema. E questo lo abbiamo visto tante volte anche in Italia».

La repressione crescente contro i movimenti per il clima

La protesta ambientalista a Lützerath si è conclusa con uno sgombero da parte di migliaia di agenti delle forze dell’ordine, ma la repressione tedesca non è l’unica a concentrarsi contro i movimenti che lottano per il clima.
In Italia, in particolare, nel mirino delle autorità sono finiti attivisti e attiviste di Ultima Generazione, che stanno affrontando processi in seguito alle loro azioni nonviolente di imbrattamento di luoghi simbolici con vernice lavabile per richiamare l’attenzione sulla crisi climatica. Tra di loro Simone Ficicchia, che ha rischiato la sorveglianza speciale, poi scongiurata.

«Tante e tanti giovani stanno aumentando la voglia di cambiare il sistema e facendo crescere la mobilitazione perché è chiaro che soprattutto per loro il futuro non ci sarà, almeno non con il benessere e la qualità della vita a cui si erano abituate le generazioni precedenti – osserva Palma – Di fronte a questo sta aumentando anche la risposta delle istituzioni, che utilizzano gas lacrimogeni e manganelli anche di fronte a proteste pacifiche e passive».
L’incontro di domani, quindi, ospiterà anche una riflessione su come fronteggiare la crescente repressione.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MARCO PALMA: