Il neo direttore di ERT Fondazione Valter Malosti ha portato all’Arena del Sole la sua regia di uno dei tre celebri lai di Giovanni Testori, Cleopatràs. In scena l’attrice Anna Della Rosa interpreta la regina d’Egitto come una diva hollywoodiana sul viale del tramonto, pronta a raggiungere nell’aldilà il suo amato Antonio.

Il regista Valter Malosti torna a lavorare sulla lingua di Testori dopo l’adattamento teatrale di Passio Laetitiae et Felicitatis che ha portato all’attrice Laura Marinoni il Premio della Critica Teatrale nel 2009. Protagonista di questa nuova produzione è Anna Della Rosa che affronta la Regina d’Egitto usando le armi della seduzione mostrando altresì le fragilità di una donna destinata a diventare presto polvere nonostante abbia potuto esercitare nella sua vita tanto potere.

L’attrice porge la lamentazione di Cleopatra al pubblico mostrandosi come una diva in occasione di un discorso pubblico, da qui l’uso piuttosto scomodo del microfono a filo, una diva in abito da sera e mantello capace di affascinare e tenere solo su di se gli occhi dei presenti. L’alternarsi di dialetto e lingua alta, con citazioni shakespeariane e dantesche insieme a parole inventate a cavallo tra lingue diverse, crea un personaggio che sembra altalenare tra un salotto dell’alta borghesia lombarda pieno di “u“, uno studio tv per un one-woman show e una satira spagnoleggiante piena di “terminazioni in “às“. Interessante l’uso della voce nasale per dare l’idea della lamentazione e il continuo passaggio tra ricordi felici di memorabili “sessualiche” imprese con potenti della terra che, pur nel ricordo, fanno riemergere gli appetiti sessuali e l’indole seduttiva, e l’atteggiamento sconfitto, da vecchia gloria ubriacona vicina all’uscita di scena definitiva.

Cleopatràs è una regina che, come nella versione di Shakespeare, sceglie la morte piuttosto di attraversare il proprio regno in ceppi con la reputazione infangata. Il monologo è un racconto del glorioso passato della grande regina e una riflessione sul momento della morte, ovvero il “crepamento“, l’ora in cui ci si chiede cosa resterà di quello che si è stati in questa vita e ogni individuo si trova a pensare, come la protagonista, che “e’ brutto crepare in tutte las manieras“.

Bottiglia in una mano e microfono nell’altra, la bellezza e regalità si tramutano in disfacimento e marciume per ravvivarsi solo quando entra in scena un giovinetto, un servo pronto a innalzare la sua bandiera per un momento di godimento in ossequio alla Regina. Per quanto sia piacevole il trastullo con il garzoncello, nulla può farle dimenticare Antonio per ricongiungersi con il quale afferma di voler offrire la tetta al serpentello avviandosi verso la morte. Nella resa scenica però l’attrice non si dà la morte con un serpente, bensì iniettandosi del veleno o droga con una siringa in una camera d’albergo dalle grigie pareti. Cleopatràs, dismessi gli abiti eleganti da gran soirée, abbandona il centro palco per trasferirsi nello spazio retrostante allestito appunto come camera d’albergo. Nella parte finale dello spettacolo l’attrice indossa una camicia da notte grigia, come le pareti della tappezzeria della stanza che la ospita. Il microfono a filo ora è poggiato sul letto e Della Rosa recita sempre con una mano impegnata a reggere il microfono anche quando con l’altra si inietta ciò che le darà la morte, mentre sul comodino c’è un teschio: ironico richiamo alla morte e insieme al teatro shakespeariano.

Testori fin dall’inizio chiama in causa il pubblico e quanti in sala sono presenti in “critical funzione” sollecitandoli a non alzarsi fino alla fine anche se lo giudicassero il peggiore spettacolo che gli fosse capitato di vedere. I e le presenti dovranno attendere fino alla morte reale, effettiva della regina, anche se dalla dipartita di Antonio ella non è più nulla. Serve un pubblico, televisivo o teatrale, per eternare il suo ricordo, per donarle “uno share universale“dal momento che “gelida appare” o, meglio, apparirà tanto gelida quanto la principessa di ghiaccio della Turandot che in diversi punti dello spettacolo si sente in sottofondo.

A proposito del progetto sonoro dello spettacolo, curato da Gup Alcaro, occorre ammettere che è un punto di forza della messa in scena. Dal principio alla fine musica, parola e gesto sono perfettamente coordinati come in un balletto. I suoni sono davvero ben fatti e si intrecciano alle parole di Testori pronunciate dal personaggio vivificando le immagini create dall’autore. La danza, sensuale e al contempo beffardamente ironica, in alcuni momenti dà brio e gioiosità all’immaginifico e carnale testo che, in profluvio di invenzioni linguistiche, parla tuttavia continuamente di morte e marcescenza. Le musiche scelte vanno dalla musica egiziana contemporanea fino al già citato Puccini passando per suoni elettronici e il pop. Sempre riguardo l’universo musicale anche la pettinatura sontuosa dell’attrice riporta a un immaginario da diva dell’opera o della musica leggera, cita forse la suprema Callas o alcune copertine di Mina o semplicemente dei cartigli egizi a cui si rifacevano le pettinature di quelle cantanti.

La grande regina nel finale abbandona la sua lontananza siderale dai mortali, proprio quando si sposta fisicamente in uno spazio più lontano dalla platea, il suo parlare diventa più quotidiano nelle modalità di emissione vocale, anche se non abbandona il microfono da frontwoman. Come fosse una telecronaca della sua morte, Cleopatràs fa del pubblico degli accompagnatori di morte e suoi testimoni per i secoli a venire. Cosa resta dopo la morte delle ricchezze delle pelliccette e pelliccini e delle zanne dei mostri elefantini? “Il vincitore ha tolto la polpa e la scorza dopo la regalica, sessualica baldoria e insieme alla sua gloria” l’ha abbandonata, lasciandola sconfitta, ubriaca, già “de morte piena“.

Lo spettacolo è avvolgente, conturbante, struggente, Anna Della Rosa è molto brava e convincente, anche se la scelta del microfono costantemente in mano mi ha infastidita. Si esce soddisfatti, ma resta, nella mente e nel cuore, il ricordo di uno spettacolo ancora più amato quale la Cleopatràs di Tiezzi che vedeva in scena il mitologico Sandro Lombardi. Vero è che se si rimanesse prigionieri del mito “classico” lo si condannerebbe a morte, mentre il mito è sempre già passato in ricezione e quindi va reinterpretato, rivitalizzato. Legittimo e doveroso riportare in scena Testori e la sua strepitosa lingua e di farlo mettendo in scena un’attrice, per altro inappuntabile. Rimane sempre la possibilità per chi, molti anni fa ebbe, come la sottoscritta, la fortuna di applaudire Lombardi, di andare comparando quella profondissima gioia alle novelle emozioni suscitate dalla presente e viva interpretazione di Malosti e Della Rosa.