Mentre ad est si consuma la tragedia della guerra in Ucraina, in Italia ci tocca la farsa di una classe politica a dir poco imbarazzante, che non perde giorno per ricordarci in che mani siamo e a farci tremare le vene ai polsi. Ed è proprio il conflitto che si sta consumando che offre le occasioni per mettere a nudo il livello e il valore dei politici nostrani.
La guerra in Ucraina mette a nudo la classe politica italiana
La notizia che ha ottenuto più clamore riguarda il leader della Lega, Matteo Salvini, che contava di andare a fare la sua passerella in Polonia per far vedere che esiste e che si preoccupa di questioni geopolitiche di cui probabilmente ha poca contezza. Oltre ad essersi recato in “missione personale”, con una giacca piena di loghi e di brand, come un Fedez qualsiasi, il senatore leghista è stato pubblicamente sbeffeggiato da un sindaco polacco, che gli ha sventolato la T-shirt raffigurante un Putin militaresco, indossata dallo stesso Salvini qualche tempo prima davanti al Cremlino.
Quel che è ancora più umiliante, per l’indossatore seriale di felpe, è che a fargli fare una figuraccia non è stato un sindaco progressista, ma un esponente di un partito di estrema destra, sovranista, che è il modo elegante e moderno per dire fascista. Mentre in Italia sono impazziti i meme per schernire Salvini, resta l’amarezza che a inchiodare il leader della Lega alle sue responsabilità e alla sua incoerenza sia stato un sindaco polacco e non invece un giornalista italiano.
Anche sul sedicente fronte opposto la classe dirigente non brilla per onorabilità. Dopo aver indossato l’elmetto ed aver invitato a stare «o di qua o di là», il segretario del Partito Democratico, che dovrebbe essere – almeno a sentire i giornali – il principale partito di centrosinistra italiano, torna a dimostrarsi un interventista convinto. È proprio Enrico Letta, infatti, a lamentarsi del poco tuonar di cannoni che può mettere in campo l’Italia nella guerra in Ucraina. «È duro dirlo – ha affermato Letta – ma più dell’invio di armi in Ucraina l’Italia non può fare sul piano militare». Frasi che starebbero bene in bocca ad un La Russa o a un Gasparri, che invece ritroviamo pronunciate dal segretario del Pd, a certificare ancora una volta lo snaturamento conservatore che quel partito ha subìto e non da oggi.
Non va certo meglio colui che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) rappresentare l’Italia all’estero e incarnare la diplomazia tra gli Stati. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, infatti, ha detto che Putin è «peggio di un animale». Discorsi che ormai non si sentono più nemmeno nei bar e che invece escono dalla bocca del ministro degli Esteri. Al di là del merito delle parole, non è questo il momento di causare un incidente diplomatico, visto che l’Italia è già stata inserita, al pari degli altri Paesi europei, nella lista dei Paesi ostili alla Russia. A onor del vero, quando gli hanno fatto presente di aver esagerato, Di Maio ha poi parzialmente ritrattato.
Ciliegina sulla torta: il capo dei Migliori, il premier Mario Draghi, che in Italia viene descritto come il salvatore del mondo, capace di guarire i lebbrosi e resuscitare i morti, mentre all’estero non se lo fuma nessuno e manco lo invitano agli incontri per la soluzione del conflitto. Mentre il presidente francese Macron sente al telefono quasi quotidianamente Putin e il cancelliere tedesco Scholz incontra il presidente cinese Xi Jinping, Draghi resta in un angolo, nella totale irrilevanza, nonostante la stessa Farnesina provi a ricostruirne l’immagine dicendo che il Migliore è molto attivo dietro alle quinte e, anche se non lo invitano ai tavoli delle trattative, partecipa a incontri informali o segreti.
Se non ci fosse una guerra, col rischio che diventi ancora peggio di quello che non è già, se non ci fossero conseguenze sociali e sull’economia, che ogni giorno si aggravano, se non ci fosse il rischio concreto di restare al buio e al freddo, se non ci fosse ancora il Covid, visto che i contagi tornano a salire, sarebbe divertente stare a guardare quello che sembra un film dei Monty Python. Purtroppo, invece, è tutto vero e non c’è da stare allegri.