All’interno della Gira Zapatista, la carovana iniziata il 6 ottobre 2020 per incontrare, in ogni parte del mondo le Resistenze che “lottano per la vita”, in Italia è arrivata una delegazione del Congresso Nazionale Indigeno messicano (Cni). Si tratta al tempo stesso di un’assemblea e di una rete che si batte per la difesa delle terre, dell’acqua e dell’esistenza stessa di tutte le popolazioni indigene messicane.
In questi giorni la delegazione ha fatto tappa a Bologna e proprio ieri ha partecipato ad un incontro al Tpo. Questa mattina, invece, la delegazione è stata ospite negli studi di Radio Città Fujiko.

Il congresso indigeno messicano e la lotta con la Gira Zapatista

Sono Nisajuie dello Stato messicano di Oaxaca e Elleser dello Stato di Morelos i delegati del Cni che sono venuti a trovarci per raccontare chi sono e il senso del loro viaggio in Europa e in Italia.
E innanzitutto hanno raccontato cos’è il Cni e quali sono le modalità partecipative e orizzontali utilizzate nel prendere decisioni, secondo le 7 regole zapatiste: servire e non servirsi, costruire e non distruggere, rappresentare e non prevaricare, convincere e non vincere, obbedire e non comandare, scendere e non salire e proporre e non imporre.

Raccogliendo l’invito della Gira Zapatista, la delegazione del Cni partecipa al tour per “specchiarsi” nelle lotte e nelle resistenze di questa parte del mondo, cioè per riconoscercisi e creare connessioni in quella che deve essere una lotta universale contro il capitalismo e il patriarcato.
L’opposizione al cambiamento climatico e alla sottrazione della risorsa idrica sono le principali istanze portate dal Cni in Europa, ma che rappresentano una battaglia universale.

Le popolazioni indigene messicane si battono contro la spoliazione della loro cultura, dei loro saperi, ma anche contro la sottrazione di terre per la realizzazione di grandi opere, come un maxi-progetto che le multinazionali, in accordo col governo messicano, vorrebbero realizzare nell’istmo messicano, per creare una sorta di “canale di Panama secco”, una specie di autostrada che faciliterebbe il trasporto di merci. O l’insediamento di fabbriche lungo tutto il territorio che, racconta Nisajuie, «paradossalmente rappresenterebbe il muro voluto da Trump».

È lungo l’elenco delle multinazionali europee che hanno progetti estrattivisti in Messico, che spesso usurpano terre alle popolazioni indigene. Società francesi, spagnole, ma anche l’italiana Bonatti, che ha una sede a Parma e che ha in cantiere un progetto per la realizzazione di un gasdotto in Messico, oltre ad essere già coinvolta nella realizzazione della Tap in Puglia.

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Gli esponenti del Cni bocciano senza appello l’operato del presidente messicano, Andrés Manuel Lopez Obrador, insediatosi nel 2018. «Si è presentato come un candidato di sinistra – racconta Elleser – ma una volta al potere ha mostrato la sua vera faccia».
Tra le colpe che vengono attribuite a Lopez Obrador anche quella di minimizzare la violenza di genere, che negli ultimi anni in Messico ha sollevato una forte protesta del movimento femminista che, insieme agli indigeni e agli zapatisti, rappresenta la dissidenza messicana.

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