Ristoranti spesso vuoti ma con fatturati altissimi, altri che aprono e chiudono nel giro di poco tempo, altri che cambiano solo l’insegna. Imprese apparentemente del tutto in regola, con personale contrattualizzato e retribuito, ma che magari pagano un po’ di stipendio in nero o chiedono la restituzione di parte del compenso in contanti. Catene in espansione rapidissima, che acquisiscono un locale dietro l’altro, anche negli anni in cui il lockdown metteva in ginocchio tutte le imprese del settore.
So questi i fenomeni che vengono messi sotto la lente di ingrandimento di “La febbre del cibo. Le ombre della ristorazione bolognese”, la nuova inchiesta di Sofia Nardacchione e Andrea Giagnorio che verrà presentata domani sera, 15 dicembre, all’interno dell’ottava edizione di Fili.

La nuova inchiesta di Libera si concentra sulla ristorazione a Bologna

L’inchiesta dell’associazione antimafia prende in esame un fenomeno che, per altre ragioni, sta facendo discutere negli ultimi anni a Bologna: la ristorazione. Secondo recenti dati della Camera di Commercio, le attività ristorative nel centro storico hanno raggiunto la proporzione di una ogni 35 abitanti.
Un’esplosione di bar e ristoranti che, però, può avere sollevato gli appetiti anche della criminalità organizzata e delle mafie. È questa la domanda che aleggia in “La febbre del cibo”, che grazie alla testimonianza di sette operatori del settore indaga sul tema delle difficoltà che incontra chi svolge l’attività ristorativa in modo onesto e che, per contro, non sembrano incontrare alcune catene o alcuni soggetti.

«Negli ultimi tempi molte delle decine di segnalazioni che riceviamo riguardavano questo settore», osserva ai nostri microfoni Nardacchione, una delle autrici. Di qui l’idea di iniziare ad indagare nel settore attraverso visure camerali e altri strumenti tipici del giornalismo investigativo.
«Quello che facciamo nell’inchiesta è soprattutto porci domande – osserva la giornalista – Com’è possibile che ci siano catene di ristoranti che, anche in periodi difficili come la pandemia, quando la ristorazione era in ginocchio, erano in espansione?».
Nel mercato della ristorazione bolognese, però, ci sono più livelli: da un lato la crescita costante delle attività che è difficile comprendere secondo le logiche della legalità, dall’altro ci sono alcuni casi contraddistinti da precedenti penali, sequestri e dinamiche più vicine ai reati propriamente mafiosi.

Perché il settore della ristorazione potrebbe risultare appetibile per la criminalità organizzata? «Risulta appetibile perché in località sempre più turistiche è più facile aprire ristoranti e rimanere sotto traccia – risponde Nardacchione – Però vediamo anche attività che aprono e chiudono nel giro di due anni, che aprono con nuovi nomi ma all’interno non è cambiato nulla. È più facile perché sono tantissimi e il giro di denaro è grande in città turistiche, e ancor più nel centro storico».
L’inchiesta verrà presentata domani sera, venerdì 15 dicembre, alle ore 21.00 alla casa di comunità “Costa” di via Azzo Gardino.

ASCOLTA L’INTERVISTA A SOFIA NARDACCHIONE: