In un contesto storico come quello attuale, di grande crisi dei mestieri educativi, a fronte di un aumento esponenziale della domanda, basti pensare agli strascichi di malessere individuale e disgregazione sociale, eredità del periodo pandemico, si assiste a una riduzione sensibile dell’offerta. Pare infatti inarrestabile il fenomeno della fuga di operatori verso altre professioni. Solo per gli educatori sembra dunque non valere la tanto decantata e indiscussa legge del mercato. In particolare, la precarietà della scuola, e del ruolo di sostegno in particolare, è preferita alla stabilità povera di un servizio educativo il più delle volte subordinato alla logica restrittiva e provvisoria di una gara d’appalto.

Ciò che è in gioco è la dignità di un mestiere. Non si tratta solamente di rivendicare una maggior retribuzione, richiesta peraltro sacrosanta, ma di opporsi con fermezza al processo disconoscimento sociale che sta attraversando questa professione.

Animazione Sociale ha organizzato a Torino una tre giorni, agorà delle educatrici e degli educatori, da giovedì 25 a sabato 27 maggio, con l’obiettivo di rilanciare una sfida sociale e politica che ricostruisca fiducia e senso intorno a questa professione. Ce l’ha presentata Roberto Camarlinghi, della direzione della rivista.

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