Il 2 aprile la Commissione Agricoltura europea si pronuncerà sulla nuova Politica Agricola Comune europea. Per denunciare la direzione presa in questi anni, e per chiedere un cambiamento che sia rispettoso dell’ambiente ma anche della salute e della dignità sul lavoro Greenpeace ha lanciato una petizione e questo sabato ha organizzato una manifestazione in diverse città italiane.
No agli allevamenti intensivi: è Greenpeace vs Unione Europea
Questo sabato i volontari di Greenpeace Bologna hanno manifestato all’ingresso del mercato delle erbe con lo slogan “All you can M-Eat”, invitando i passanti a provare il “Menu PAC-co degli allevamenti intensivi”: una lista di specialità invisibili di cui ci “nutriamo”, dall’insalata di nitrati, alla zuppa di liquami. L’obiettivo, a Bologna come in altre 26 città italiane, era quello di denunciare un sistema di produzione alimentare insostenibile foraggiato anche dai soldi pubblici della Politica Agricola Comune (PAC), che rappresenta circa il 40 per cento del bilancio annuale europeo.
Oltre alla manifestazione, Greenpeace ha lanciato anche una petizione, (clicca qui) per chiedere all’Unione Europea e al Governo italiano di tagliare i sussidi agli allevamenti intensivi e sostenere aziende agricole che producono con metodi ecologici.
L’Europa e i Governi infatti stanno discutendo come sarà la nuova PAC dei prossimi sette anni e il 2 aprile a pronunciarsi sarà la Commissione Agricoltura europea. “Nuova PAC che entrerà in vigore dal 2021 e che quindi continuerà a dare una forma o un’altra, a seconda degli emenendamenti e del tipo di scelte politiche che verranno fatte, all’agricoltura e all’allevamento di tutta Europa – spiega Federica Ferrario, Responsabile Campagna Agricoltura Greenpeace Italia – il passaggio positivo rispetto al pregresso è che in questo percorso di riforma anche la commissione ambiente è stata interessata. Ovviamente la partita è complessa perché gli interessi in campo sono moltissimi e appunto la Pac degli ultimi decenni in realtà ha dato una forma sempre più intensiva e industriale di tutto il comparto agricolo. Basta andare a vedere il numero delle aziende agricole che è drasticamente crollato a favore invece di un’intensificazione”.
La denuncia di Greenpeace insiste ovviamente sugli impatti ambientali, che sono molteplici. Le grandi quantità di ammoniaca provenienti dagli allevamenti intensivi e i residui di pesticidi e fertilizzanti chimici legati alla produzione mangimistica, inquinano acqua, terra e aria. Recentemente l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha individuato negli allevamenti intensivi la seconda fonte in Italia per contributo all’inquinamento da “polveri fini”, più del settore industriale e del trasporto privato, indicando nella riduzione del numero dei capi e della loro densità una soluzione. Anche il ricorso agli antibiotici, nonostante le tante dichiarazioni contrarie, istituzionali e non, continua ad essere elevato e comporta un rischio per la salute pubblica, come conferma un recente rapporto dell’EFSA (Agenzia europea per la sicurezza alimentare)sull’aumento della resistenza agli antibiotici in Europa.
Ma oltre all’impatto ambientale vi sono ripercussioni anche sul fronte della qualità della vita, sia degli animali sia dei consumatori, così come sullo sfruttamento di chi lavora in questi settori.
Insomma, riciclando le parole del giornalista Michael Pollan, “il cibo a basso prezzo è un’illusione, non esiste. Il vero costo del cibo alla fine viene pagato da qualche parte. E se non lo paghiamo alla cassa, lo paga l’ambiente. E la nostra salute.”
ASCOLTA LE PAROLE DI FEDERICA FERRARIO: