Le testimonianze arrivate qualche settimana fa sugli stupri attuati da militari russi in Ucraina confermano drammaticamente come in guerra il corpo delle donne sia ancora terreno di battaglia. Più in generale, però, è la cultura della guerra che è perfettamente funzionale al patriarcato e – in tutte le sue manifestazioni, dalle più lievi alle più gravi – porta con sè violenza di genere.
A dimostrarlo sono recenti episodi che riguardano anche il nostro territorio, come le molestie degli alpini a Rimini o il tentativo di stupro da parte di nazisti ucraini a Bologna.

La violenza di genere degli alpini a Rimini

Il caso ha fatto clamore su tutti i giornali: nel raduno degli alpini a Rimini, che ha portato nella città romagnola 400mila persone, sono numerosi i casi di molestia ad opera dei militari nei confronti delle donne della città.
Dal catcalling ai palpeggiamenti, fino ad altre oscenità e molestie. È questo l’armamentario degli alpini in riviera. E non si tratta di episodi marginali, ma di comportamenti generalizzati, registrati anche in altre città, che a Rimini sono stati raccolti da Non Una di Meno in oltre 150 denunce pubbliche di altrettante donne molestate.

Di fronte all’evidenza, gli organizzatori dell’evento hanno cercato comunque di negare, sostenendo che nessuna denuncia era stata fatta alle forze dell’ordine o che in realtà gli autori delle violenze fossero degli infiltrati con il cappello da alpini.
«Noi sappiamo la difficoltà di denunciare alle forze dell’ordine – ha raccontato ai microfoni di Indecoradio Paola di Non Una Di Meno Rimini – È difficile perché spesso non si viene credute o non si ottiene giustizia».
Quanto agli infiltrati, l’attivista definisce «ridicola» la tesi degli organizzatori, dal momento che ci sono video che ritraggono persone in divisa, non passanti.

In ogni caso Non Una Di Meno ha annunciato di voler prestare assistenza alle donne che intenderanno sporgere denuncia, mettendo a disposizione anche una rete di legali.
Nelle ore del raduno degli alpini a Rimini, la sensazione per le donne è stata quella di non poter scappare da nessuna parte perché l’evento ha riempito tutta la città. Una città che solitamente conta 150mila abitanti e che è stata letteralmente invasa da 400mila persone.

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I nazisti ucraini e il tentato stupro di una ragazza a Bologna

La violenza di genere connessa alla guerra, però, si registra anche sotto le Due Torri. La notte del 4 maggio un’attivista di Cambiare Rotta è stata oggetto di un pedinamento e un’aggressione a Porta Mazzini.
La giovane è stata bloccata da tre persone, tra cui una donna, che l’hanno buttata a terra ed hanno cercato di stuprarla. «La prontezza della nostra compagna, che aveva con sè uno spray al peperoncino – racconta ai nostri microfoni Antonio di Cambiare Rotta – ha permesso di mettere in fuga gli aggressori». La ragazza si è poi rivolta al vicino pronto soccorso del Sant’Orsola, dove è arrivata sotto shock.

Cambiare Rotta, però, non pensa che la vicenda sia un caso isolato. Le aggressioni da parte di nazisti ucraini registratisi nei giorni scorsi, in particolare il 23 aprile alla festa di strada “Oltre il Ponte” e il Primo Maggio dopo le celebrazioni di Usb in piazza dell’Unità, consegnano alla città un clima pesante, in cui gli attivisti contro la guerra sono oggetto di minacce, intimidazioni o aggressioni.
«Chiediamo un incontro con il sindaco e la vicesindaca – riporta Antonio – perché le istituzioni prendano parola e si rendano conto di quello che sta succedendo in questa città».

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