Un po’ in tutta Europa la socialdemocrazia agonizza. Il giornalista di Liberation e France Inter Bernard Guetta ne analizza le cause e individua una possibile soluzione: un blocco unitario europeo. La direzione opposta a quella che sta prendendo il continente.
Sinistra Europea allo sbando: serve un cambio di rotta
In Spagna il Partito Socialista è spaccato, in Inghilterra è al centro di uno scontro interno, in Francia si sta seppellendo da solo, in Italia non esiste più, in Germania sembra all’angolo e pure nei Paesi scandinavi – patria del welfare state – sta perdendo appeal.
La crisi della socialdemocrazia sembra proprio essere un fenomeno europeo e le conseguenze sono quelle a cui assistiamo tutti i giorni: il trionfo del capitale finanziario e, di reazione, l’avanzata delle destre estreme. Due elementi che dipingono uno scenario preoccupante per i diritti sociali e per le libertà dei cittadini europei.
Domenica 2 ottobre, all’interno del festival di Internazionale a Ferrara, il giornalista francese di France Inter e Liberation Bernard Guetta ha provato ad individuare le cause della crisi della sinistra socialdemocratica, individuando anche una possibile soluzione, che al momento suona più come un miraggio.
Guetta è partito da tre notizie di questi giorni: la spaccatura all’interno del Psoe sulla prospettiva di un governo di larghe intese con la destra di Mariano Rajoy, l’appello della destra moderata francese agli elettori di sinistra in chiave gaullista e il conflitto interno al Labour inglese tra le posizioni radicali di Jeremy Corbyn e la moderazione di Tony Blair.
LE CARATTERISTICHE DELLA SOCIALDEMOCRAZIA. Guetta ricorda la genesi e le leve utilizzate dai partiti socialdemocratici europei per raggiungere l’obiettivo del progresso sociale. In particolare la strada del compromesso con il capitale si è nutrita di due elementi presenti nel secondo Dopoguerra: da un lato i rapporti di forza basati su grandi organizzazioni sindacali, che avevano la capacità di rappresentare e mobilitare enormi masse di lavoratori, dall’altro lo spauracchio del comunismo, che terrorizzava i padroni.
Questo binomio ha consentito di ottenere le grandi conquiste sociali, dalla previdenza alle tutele sul lavoro, fino alla scuola gratuita.
QUALCOSA COMINCIA A SCRICCHIOLARE. Negli anni ’70 del secolo scorso, momento in cui secondo il giornalista comincia la crisi della socialdemocrazia, si esaurisce la spinta del boom economico dovuto alla ricostruzione post-bellica. La disoccupazione ricomincia a crescere e il modello comincia ad incrinarsi.
Negli stessi anni, inoltre, cominciano le rivolte fiscali della classe media, che si dice stanca di pagare tante tasse in favore dei più poveri. “L’evento simbolico di questo fenomeno – racconta Guetta – fu il clamoroso gesto di Ingmar Bergman, intellettuale della sinistra che abbandonò la Svezia proprio per l’alto livello di tassazione”.
GLI ANNI ’80 E ’90. Uno degli elementi che dava più potere contrattuale alla socialdemocrazia viene meno con la caduta del muro di Berlino nel 1989. Lo spauracchio comunista si dissolve e il capitale ne beneficia.
Negli anni ’90, invece, assistiamo ad una nuova rivoluzione industriale che, secondo il giornalista francese, ha una portata paragonabile a quella precedente. Le nuove aziende che si affacciano sul mercato da un lato riducono l’importanza di quelle vecchie, come Fiat e Renault, al cui interno però esisteva una grande massa di operai sindacalizzati; dall’altro non sono in grado di sviluppare un’analoga rappresentanza della classe lavoratrice o di sostenere il welfare.
GLI ANNI 2000 E LA GLOBALIZZAZIONE. A cavallo del secolo, infine, arriva una nuova botta al modello su cui si regge la socialdemocrazia. L’accorciamento delle distanze, sia fisiche che virtuali, consente al capitale di delocalizzazione le produzioni in Paesi dove vigono meno diritti sociali e del lavoro e la manodopera costa meno, scavalcando le legislazioni e il welfare state. Un fenomeno a cui i governi socialdemocratici non erano preparati e che singolarmente non erano in grado di fronteggiare.
LA POSSIBILE SOLUZIONE. Per indicare una via d’uscita alla crisi della sinistra europea, Guetta chiama in ballo la controversia fra l’Europa e la Apple sul pagamento delle tasse. “L’Europa è un mercato dove vivono 500 milioni di persone e la Apple non si può permettere di non prendere in considerazione la multa inflittale dalla Commissione europea”.
Allo stesso modo, la prospettiva per il riscatto e il rilancio della socialdemocrazia passa attraverso un’Unione europea più forte, una sorta di blocco unitario capace di incidere dove i singoli Paesi – l’esempio recente della Grecia è paradigmatico – non riescono.
“Il problema però – conclude Guetta – è che gli elettori europei sembrano identificare nell’Ue la causa di ciò che non funziona, ovvero l’opposto di ciò di cui ci sarebbe bisogno”.