“Dati sconcertanti”. Così Elisabetta Gualmini, vicepresidente della Regione, aveva commentato la presenza di “finti poveri” nelle case popolari dell’Emilia Romagna. La Cgil, con i dati della stessa Regione, dimostra che non è vero: più del 90% ha redditi bassi o modesti. Balestrieri: “Forse si crea allarme per abbassare i criteri di accesso e di decadenza”.
Le case popolari dell’Emilia Romagna sono popolate da ricchi che potrebbero benissimo pagarsi un affitto a costi di mercato? Falso.
L’allarme lanciato da Elisabetta Gualmini, vicepresidente della Regione Emilia Romagna, che meno di una settimana fa aveva definito “sconcertanti” i dati sull’Isee degli inquilini degli alloggi Erp viene smontato dalla Cgil.
Il sindacato, fornendo i dati dell’analisi della stessa Regione, dimostra che il 90% degli inquilini delle case popolari ha redditi e patrimoni bassi o modesti.
In particolare, secondo l’indagine compiuta su circa 44mila nuclei famigliari dei circa 53mila che vivono negli alloggi Erp, emerge che quasi il 50% ha un Isee compreso tra 0 e 7.500 euro, un altro 37% presenta un Isee tra 7.500 e 17mila euro e un ulteriore 10% ha un Isee che va da 17mila e 34mila euro, attuale soglia di decadenza per uscire dagli alloggi.
Coloro che non hanno i requisiti per restare all’interno delle case popolari secondo gli attuali parametri, dunque, sono appena il 3%. Una percentuale che potrebbe crescere fino al 10% se si considerassero i nuovi criteri di accesso e di decadenza che viale Aldo Moro vuole introdurre.
Quest’ultimo elemento potrebbe essere la chiave per comprendere l’allarme lanciato da Gualmini. “La Regione vorrebbe diminuire sia la soglia di accesso, sia la soglia di decadenza a valori molto più bassi degli attuali – spiega Marina Balestrieri della Cgil regionale – Con questa proposta, probabilmente, uscirebbero dalle case popolari non solo i ricchi, ma qualche migliaio di nuclei che hanno Isee modeste”.
In particolare, le ipotesi della Regione prevedono di scendere dai 34mila euro di Isee attuali, soglia massima oltre la quale si deve lasciare l’immobile, a 27mila o addirittura a 24mila.
“Per fare un esempio – spiega Balestrieri – una persona sola, con un reddito netto di circa mille euro al mese, dovrebbe uscire e affrontare i prezzi di mercato, che per un monolocale oscillano tra i 400 e i 600 euro”.
Il sindacato, quindi, chiede di non gridare “al lupo al lupo” e di proseguire il confronto con la Regione, sottolineando anche le misure positive messe in atto da quest’ultima per fronteggiare l’emergenza abitativa crescente anche in Emilia Romagna. Per la Cgil occorre continuare ad investire su alloggi Erp, Ers, sull’Agenzia per l’affitto per creare mobilità di mercato delle case private sfitte, con garanzia del pubblico, creando le condizioni per destinare edifici pubblici statali/locali non utilizzati ad abitazioni, confermando il bando per le giovani coppie e i contributi all’acquisto della prima casa.
C’è però un ultimo e ulteriore elemento da tenere in considerazione: la recente sentenza del Consiglio di Stato che ha sancito come le indennità di accompagnamento non debbano rientrare nel calcolo dell’Isee . “Sarà necessario un riconteggio – osserva Balestrieri – e pensare a come affrontare la fase di passaggio, che potrebbe risultare difficile”.